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Channel: Dott. Mario Di Nunzio, Autore presso Come Vincere le Ossessioni, il Panico, l'Ansia e Vivere al meglio la tua Vita.
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Cosa origina il disturbo ossessivo

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Cosa origina il disturbo ossessivo: le cause 

Questo post è una discesa nell’ inconscio, una specie di sezione verticale della 

della mente di un paziente ossessivo, per capire il meccanismo che dà origine alla formazione della sintomatologia ossessiva.

livelli nel disturbo ossessivo

Il livello superiore, o il livello di superficie, è quello sintomatologico.

Il disturbo ossessivo-compulsivo si manifesta in molti modi.

-Può essere un D.O.C. aggressivo, come la paura di perdere il controllo e

arrecare danno a familiari o a se stessi.

-Ossessioni di tipo sessuale come la paura dell’omosessualità, timore di essere un pedofilo, -immagini ossessive di rapporti sessuali con persone sbagliate o proibite,

-pensieri, immagini o idee fisse e intrusive di tipo sacrileghe o blasfeme.

Lavaggio compulsivo mani-Disturbo ossessivo compulsivo di contaminazione.

-Compulsione di accumulo e conservazione.

-Ossessioni associate al bisogno di simmetria o di precisione.

-Idee fisse di insicurezza sul proprio rapporto affettivo o Disturbo Ossessivo di relazione.

Tutta questa florida e vasta sintomatologia, pur essendo molto diversa nel modo di manifestarsi, hanno alcuni elementi in comune.

*Il livello inferiore alla grande sintomatologia ossessiva c‘è la

presenza di una grande paura: PERDERE IL CONTROLLO.

L’ idea personale di padronanza, o di perdita del controllo, influenza in maniera massiccia l’attività del piano superiore, sia all’ origine del disturbo, sia nel mantenimento della patologia.

La paura di perdere il controllo è il carburante del disturbo ossessivo. Se questa è elevata si attivano tutte le difese, sotto forma di pensieri e immagini intrusive, che come in uno schermo televisivo mostra le peggiori conseguenze e agitazione emotiva.

Se il livello della paura di perdere il controllo non è molto elevata, una persona riesce a convivere e non dare importanza a immagini brute, convinzioni distorte e pensieri cattivi, senza provare timore.

*Il livello immediatamente inferiore è dato dall’opinione sulle proprie competenze personali.

I sentimenti di insicurezza e di incertezza alimentano la paura di perdere il controllo. Lo stesso dicasi per i dubbi, le cose imprevedibili e incontrollabili.

L‘ urgenza di questo livello è il bisogno di certezze, lo dimostrano le calamità che la mente fa immaginare e l’esperienza negativa del passato.

La regola ferrea è l’ evitamento del dubbio, delle situazioni ambigue, delle situazioni incerte tipo bianco o nere, di situazioni nell’ intervallo 0 / 100, o scale di grigio. Ciò che è fuori 100 è fonte di ansia, quindi fonte di insicurezza.

*Il livello sottostante è la presenza di personalità con tratti di perfezionismo, rigidità, paura dell’ ansia, dell’ insicurezza e tipo di carattere che non ama le ambiguità, le mezze misure e le equivocità.

Il livello inferiore, inconscio, riguarda la storia personale, l’ ambiente in cui si è vissuti, il carattere dei genitori, degli educatori, le loro modalità educative e le situazioni traumatiche che hanno portato alla costruzione di un tale carattere.

Il lavoro terapeutico analizza la formazione del disturbo e agisce a diversi livelli.

Vincere l' insicurezzaSi tratta soprattutto di ri-costruire un senso di autostima e sicurezza personale.

Sul piano cognitivo ed emotivo si devono modificare convinzioni distorte e disfunzionali, correggere l’idea di pericolosità, far comprendere quando,come e perché si creano i pensieri intrusivi, cosa si può fare per evitarli e cosa si deve fare per ridurre il disagio.

Si soppesa la probabilità di effettivo pericolo.

Si educa all’ apprendimento del recupero del controllo col disinnesco delle compulsioni, che difendono dal presagio di pericolo imminente ( con la terapia comportamentale o con EMDR).

La comprensione del funzionamento di tale sequenza ( Storia personale-ansia-sentimenti di insicurezza e paura di perdere il controllo) è un corretto prospetto anche per la comprensione dello sviluppo delle fobie, ansia e attacchi di panico.

Infatti anche in questi disturbi è osservabile una medesima sequela.

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Vincere le ossessioni

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Dubbi e incertezze nel Disturbo Ossessivo Compulsivo

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“Ma ho spento il gas?”

Saggio sul dubbio e le incertezze del DOC.

dubbi nel disturbo ossessivoA molti di voi sarà capitato un dubbio e di chiedersi “avrò chiuso la macchina? “, “avrò spento il gas?”

Praticamente avete provato una sensazione di un dubbio, un’ incertezza, una condizione mentale per la quale si cessa di credere ad una certezza.

Nella  vita quotidiana pensare e ripensare alle cose e, in particolare, alle scelte da adottare, è un problema abbastanza frequente, ma anche fonte di ansia e insicurezza sulle cose da farsi. Il dubbio è una cosa normale, che capita a tutti. Nella normalità, quando si devono fare delle scelte si cerca di prendere la decisione migliore, abbandonando le altre possibilità forse solo con qualche esitazione e un breve ripensare.
Il dubbio patologico è qualcosa di molto diverso.

La patologia mentale vera e propria che affiora da un dubbio è il picco estremo di una difficoltà ben più estesa.

I dubbi e le incertezze nel disturbo ossessivo sono caratterizzati dalla presenza di domande alle quali la persona cerca di dare una risposta, senza però riuscire a trovare una certezza.

dubbi nel Disturbo ossessivoIn molti casi il dubbio patologico è così invalidante che la persona rimane ore ed ore nel proprio labirinto di domande e risposte, pensando più volte sempre alla stessa cosa.

Ecco come funziona il dubbio patologico.

Un esempio potrebbe essere il seguente: la persona di fronte ad un problema mentale potrebbe domandarsi: “forse sto impazzendo?” e rispondere, “no, non è possibile”. A quel punto potrebbe insinuarsi il dubbio: “e se invece fosse vero?”.

Praticamente ogni qual volta si tenta di trovare una risposta, a questa si aggiunge il dubbio che fa sorgere a sua volta un’altra domanda (‘ forse è meglio l’altra? ‘) e poi ancora un’altra risposta e un altro dubbio, un’altra domanda, un’altra risposta etc.. generando così un circolo vizioso”infinito.

Il disturbo ossessivo è la malattia del dubbio.

Nel DOC (disturbo ossessivo-compulsivo) il dubbio ha una funzione importante: serve come una difesa, a mantenere la struttura.

Facciamo degli esempi.

Nel DOC aggressivo, per evitare dubbi, incertezze e insicurezze, la mente ricerca notizie SICURE sull’assenza di pericolo.

Un soggetto che teme di far male ad altri, le sue immagini, la sua televisione mentale gli propina immagini atroci di tutto quello che potrà succedere in caso di
Dubbi nel disturbo ossessivoperdita di controllo.

Questa persona ha continuamente queste immagini, voci, convinzioni e sensazioni fuori da ogni controllo e completamente in balia di esse, senza alcun potere di intervento o di controllo.

In queste condizioni il soggetto si sente sguarnito e senza aiuto. L’ unica cosa che può fare è tenere desta l’attenzione per evitare che esploda improvvisamente l’azione aggressiva.

L’ansia, le incertezze, le insicurezze mantengono viva l’attenzione e lo stato di allarme.Il dubbio mantiene elevato lo stato d’allarme e ne impedisce la mitigazione.

La direttiva, le paure, le prescrizioni e il dialogo interno di questi momenti si reggono su un condizionale, due paroline: “ E se…?”:

“E se non è vero che sono una brava persona, ma nel mio profondo c’è un istinto che vuole realmente far male?”,

E se mollo il controllo, tocco qualcosa e mi becco una contaminazione?” ,

“ E se mi rilasso, dico una cavolata e mi faccio scoprire stupido, impreparato, fragile,incapace, timido e insicuro?”,

“E se mollo il controllo e vengono fuori tendenze o impulsi omosessuali? Impulsi pedofili? Attrazioni sessuali proibite?”

“E se scopro che questa persona non è il mio partner ideale? Se scopro che non mi ama o non l’amo abbastanza?”…

…e così via, verso tutti i dubbi possibili.

Il motivo della resistenza del dubbio è che si teme l’ esito finale: un pericolo, una conseguenza terribile e inaccettabile.

L’ossessione è una fobia estesa e generalizzata, dove il pericolo anziché esterno, è interno, dentro noi stessi.

Il dubbio è una forma di ansia. Un accertamento. Un iper controllo. Un sistema di difesa in un territorio che risulta incontrollabile.

La sua finalità è quella di evitare la perdita totale di padronanza. Serve a mantenere desto lo stato di allarme e a ristabilire il controllo. Attraverso il meccanismo del dubbio si cerca di evitare le peggiori conseguenze.

Quanto più la minaccia è grave e incontrollabile, dove l’incertezza permane a lungo anche di fronte ad evidenze dei fatti e controlli ripetuti, si ricerca una sicurezza totale e un iper controllo assoluto.

Non è il dubbio che richiede il 100% di sicurezza, ma la percezione della gravità della minaccia, le convinzioni disfunzionali e la bassa autostima.

Finora il dubbio, con i rituali e le compulsioni che continuavano imperterriti e irremovibili, erano considerati un problema da combattere, da contrastare ed eliminare.

Cosa fare per allentare il dubbio e i controlli ripetuti?

Non certo eliminandoli, non ci si riesce perché è un meccanismo di difesa.
Come si può disinnescare il dubbio?
Bisogna considerare e argomentare sul grado di minaccia percepita. Ricercare informazioni che fanno diminuire il senso di pericolo.

Bisogna lavorare sull’opinione di sicurezza personale, sull’auto-accettazione, autostima. E’ buona norma ristabilire convinzioni sulle abilità possedute e da apprendere, sulla capacità di accettare livelli di insicurezze.

Lo scopo terapeutico ultimo è quello di sbloccare livelli di energia bloccata e ristabilire flussi positivi di fiducia e competenze, che vanno a modificare convinzioni di insicurezza personale acquisita durante i primi anni di vita (infanzia e adolescenza).


Un buon lavoro sul dubbio, come già esposto, sottrae carburante all’ansia e alle insicurezze dubbi nel disturbo ossessivoche alimentano le ossessioni e la paura di perdere il controllo.

 

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Come nascono e si mantengono le ossessioni

La gravità delle ossessioni nelle nuove mamme 

Come vincere le ossessioni

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Gli attacchi di panico e la paura dei cambiamenti

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Gli attacchi di panico e la paura dei cambiamenti

Gli attacchi di panico possono essere precursori della paura dei cambiamenti di vita e messaggi di insicurezze e paura di non farcela.

paura dei cambiamenti Ogni persona durante l‘esistenza trova di fronte situazioni che richiedono cambiamenti di vita.

I cambiamenti professionali, affettivi o biologici rappresentano sfide importanti che talvolta sono causa di alti livelli di ansia.

Capita ad ognuno di noi trovarsi di fronte a scelte e decisioni che implicano cambiamenti di abitudini. Fare dei cambiamenti implica abbandonare le cosiddette certezze e comodità.

L’incertezza crea paura ed ansia.

I cambiamenti mettono ansia perchè racchiudono tutte le paure fondamentali dell’uomo: paura di ciò che non si conosce, paura della sofferenza, oppure paura del giudizio degli altri.

Il cambiamento mette in risalto il senso di impotenza dell’essere umano, che destruttura in poco tempo le nostre certezze. Questi eventi distruggono un precedente equilibrio per lasciare spazio ad uno nuovo.

Ogni volta che capita qualcosa che non è programmato, di inaspettato, aumenta l’ansia perchè si crede sempre che possa succedere qualcosa di imprevisto, al di fuori delle nostre capacità di controllo.


E’ normale avere ansia. La nostra attuale società, nella sua frenesia, ci spinge a correre e a guardarci sempre meno dentro noi stessi. Mancano sempre più spesso  i punti di riferimento e gli uomini  perdono la capacità di ascoltare le proprie emozioni e il coraggio di esternarle.

Ecco una testimonianza di Maria C., 27 anni.

Paura dei cambiamenti?…succede anche a voi?

 paura dei cambiamentiOgni volta che accade un cambiamento, piccolo o grande che sia, vado in panico.

Mi sento solo in ansia, e paradossalmente so anche che mi sento cosi perchè i cambiamenti mi fanno paura, perchè ho paura di essere troppo felice o di gioire delle piccole cose, perchè penso sempre che mi succederà qualcosa di brutto, per “bilanciare” la cosa……….
Quando mi sono comprata la macchina, ho pianto una settimana perchè pensavo adesso che finalmente ho una macchina e sono indipendente negli spostamenti sono contenta, quindi sicuro mi capiterà qualcosa di brutto.
Lo stesso quando ho trovato lavoro.

 succede anche a voi per caso?

Pur considerando l’autonomia la cosa che più si desidera, i cambiamenti di vita danno ansia perchè sono una cosa nuova.


Ma perché il cambiamento ci spaventa?

paura del cambiamentoUn bisogno fondamentale dell’essere umano è quello di creare sicurezza nella propria vita. Questo bisogno ha uno scopo utile poiché il “ritorno” a una base conosciuta e sicura nasce dall’istinto di sopravvivenza di ogni essere vivente.


Quando ci confrontiamo con una situazione nuova il timore di perdere la sicurezza consolidata porta ad una sensazione di turbamento che il corpo percepisce come allarme. In questo stato di tensione eccessiva nasce lo stress.

Il disagio crea allarme, tensioni e blocchi a livello fisico e psicologico; l’irrigidimento del corpo crea, a sua volta, ulteriore paura.

Si cade nella trappola mentale di elogiare un qualche tempo passato in cui tutto sembrava andare perfettamente: ‘ i bei tempi passati!’.

Ricerche effettuate su campioni di soggetti hanno scoperto che gli eventi più stressanti sono i cambiamenti degli stili di vita in seguito a morte del coniuge, il divorzio e la separazione; cioè tutte quelle circostanze in cui siamo in qualche modo costretti a riorganizzare la nostra esistenza.

Quella della perdita è un tema scottante.

In queste circostanze gli abituali stili di vita possono cambiare radicalmente, segnando un cambiamento notevole nella vita di un individuo, unitamente alla paura del nuovo.

Molte volte una delle principali motivazioni per cui si intraprende una terapia coincide con l’esigenza di ritrovare un determinato momento in cui si stava bene.

Momenti di vita vissuti pienamente: momenti che difficilmente possono essere ritrovati poiché fanno parte della storia irripetibile di ogni individuo.

Non tutti sono pronti ai cambiamenti e disposti a riorganizzare la vita.

Proprio in queste fasi di rinascite, dettate dal cambiamento, che l’individuo può avvertire con maggiore irruenza la propria fragilità e la paura davanti alla vita.

paura dei cambiamenti Un cambiamento è sempre uno sperimentare qualcosa che non si conosce, per questo dà ansia.

Abbiamo paura di ciò che non conosciamo, abbiamo paura che in questo nuovo spazio inesplorato ci sia qualcosa che ci farà soffrire, abbiamo paura che se la scelta di cambiamento si rivelerà negativa saremo giudicati male, oppure ci sentiremo in colpa con noi stessi; tutte paure basilari dell’uomo che sono presenti nei cambiamenti. 

Ad un tratto è come trovarsi di fronte ad un grande salto nel vuoto, un salto di vita in cui spesso non ci si sente preparati.

Spesso l’esordio di un disturbo come l’attacco di panico ha inizio in seguito ad un contesto di cambiamento, tipo l’inizio di una nuova attività, l’iscrizione all’ Università, un trasferimento in un’altra città, il matrimonio o la nascita di un figlio.

Chi soffre di attacchi di panico riferisce come ci fosse una linea ben marcata del periodo precedente all’insorgenza del disturbo e il momento in seguito al disturbo.

Descrive porzioni della propria esistenza in espressioni come: un’infanzia serena e spensierata, un’adolescenza turbolenta, una vita integerrima e poi in seguito al cambiamento l’ esordio del disturbo di panico.

attacchi di panico e paura dei cambiamentiGli attacchi di panico trovano terreno fertile nei momenti in cui gli abituali stili di vita cambiano radicalmente, segnando un passaggio nella storia dell’individuo che portano in sé la paura del nuovo.

L’attacco di panico spesso segnala che è arrivato il momento di entrare in ascolto con noi stessi perché qualcosa va modificato e dobbiamo prendere in mano le redini della nostra vita.

L’attacco di panico altro non è che un campanello d’allarme: la nostra mente e il nostro corpo ci stanno avvertendo che c’è qualcosa che non va nella nostra vita: il nostro carattere insicuro, il nostro matrimonio, il lavoro, ecc.

Paura dei cambiamentiPossiamo affermare quindi che gli attacchi di panico sono utili in quanto ci avvertono che c’è qualcosa nel nostro equilibrio emozionale che non va, che è arrivato il tempo di cambiare  e che dobbiamo “agire” sulla nostra vita prima possibile.  

Se si accettano questi momenti di fragilità e insicurezze si può essere certi che i salti nel vuoto non sono un rischio, ma un percorso verso una qualità della vita totalmente diversa e probabilmente anche migliore dell’ attuale.

E’ necessario capire che in questi casi è indispensabile volgere lo sguardo verso il futuro, focalizzando l’attenzione sulle proprie possibilità evolutive.

Le persone che si sono negate questi passaggi, continuando con noncuranza a condurre la vita di sempre, sono poi quelle stesse persone che finiscono per accettare tutta una serie di compromessi dolorosi con la faticosa sensazione che “così è la vita”.

Occorre, insomma, attivarsi per poter ridecidere della propria esistenza, riaprendo le porte alla fantasia, alla creatività tenendo viva la fiamma della propria energia vitale.

Tutti hanno paura dei cambiamenti. Ricominciare è la cosa che mette ansia a chiunque, perchè racchiudono tutte le paure principali dell’uomo: paura di ciò che non si conosce, paura di non farcela,paura di cambiare lavoro, paura di iniziare una nuova relazione, paura di accettare nuovi stili di vita.

Ci sono persone che di fronte ai cambiamenti si fermano, rimangono arenati nelle sabbie dell’indecisione, che invece di divenire terreno solido e di cambiamento, si trasformano in sabbie mobili pronte  a risucchiare tutto il nostro essere.

Il cambiamento richiede fatica e sforzo e non è indolore.

Dobbiamo avere la capacità di ritrovare un nuovo equilibrio e l’accettazione di nuove sfide in campo.

Panta rei”, “tutto scorre”, per dirla con le parole dell’antico filosofo greco Eraclito.

La stessa psicologia dell’età evolutiva si occupa non solo dei bambini ma di ogni fascia di età, poiché ogni individuo si trova continuamente in un processo di evoluzione e di trasformazione.

Così come il bambino piccolo abbandonando il procedere a carponi, la ricerca di sostegni, impara a reggersi sulle sue gambe e impara a camminare da solo, così a livello psicologico è importante potersi reggere sulle proprie gambe e contare sulle proprie forze.

I passaggi attraverso le varie fasi della vita diventa un tema fondamentale, anche se spesse volte è costellato di difficoltà ed imprevisti.

Anche se il nuovo può far paura, cambiare non sempre è negativo. Può darsi che ‘ si chiude una porta, ma si apre un portone’.

Ecco alcuni casi reali.

La paura dei cambiamenti

M., è un uomo di 52 anni. Fu licenziato per riduzione del personale; perse il lavoro che svolgeva presso una cooperativa sociale. Aveva tanta ansia e grande inquietudine, ma partecipò ad un concorso pubblico. Nonostante la presenza di persone più giovani e più agguerrite, fece una prova brillante e vinse il concorso.

M., tuttora ringrazia il licenziamento perché questo cambiamento ha procurato un lavoro migliore , meglio pagato e a tempo indeterminato.

G. è una donna di 53 anni, divorziata. Ha attraversato difficili momenti di depressione in seguito alla separazione coniugale. Nonostante la scoperta di ripetute infedeltà, non aveva mai il coraggio di lasciare il marito, perché negli ultimi tempi soffriva di attacchi di panico. La decisione della separazione venne dall’ uomo, che inaspettatamente gli comunicò la notizia che era innamorato di un’ altra donna.

G. era terrorizzata all’ idea di rimanere sola, aveva la paura di non farcela. Dopo un lungo periodo di sofferenza, pian piano si è riaperta alla vita: ha accettato la situazione e ha conosciuto un uomo innamorato, brillante e più maturo del suo ex-marito.

Anche G. ringrazia la separazione, perché il cambiamento le sta procurando una vita affettiva più gratificante e sicura.

I cambiamenti sono momenti difficili in cui si rischia la stabilità, ma se si accetta la sfida cambia la vita e si guarisce dagli attacchi di panico.

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Vinci l’ insicurezza

Come realizzare cambiamenti importanti

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Come perdere l’abitudine di mangiarsi le unghie

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L’abitudine di mangiarsi le unghie: cause e rimedi

Contrastare l’onicofagia attraverso dei rimedi farmacologici e la psicoterapia, al fine di preservare la propria salute e la bellezza delle proprie unghie.

Mangiarsi le unghie è una brutta abitudine che colpisce tantissime persone, sia donne che uomini. Questa cattiva abitudine in realtà è molto più di un vizio, dato che nasconde problemi psicologici e problematiche interne.

Questa abitudine riguarda il 5% della popolazione italiana.

L’onicofagia si manifesta già nei primi anni d’età e raggiunge il suo picco durante la pubertà. Se non viene affrontata e risolta per tempo, il vizio di mangiarsi le unghie permane anche nell’età adulta. Chi è affetto da questa brutta abitudine, talvolta, oltre a mangiare le unghie, può arrivare a mangiare le pellicine circostanti.

Cause dell’onicofagia

Mangiarsi le unghie altro non è che un espediente per controllare la propria aggressività. Chi si mangia le unghie può esprimere un bisogno di attenzione, un modo per controllare uno stato d’ansia o perché è pervaso dalla noia.

 Conseguenze dell’onicofagia

Oltre ad avere delle mani brutte e poco curate, chi mangia le unghie mette a rischio la salute, perché è un modo per trasportare microbi e germi alla bocca. Questa cattiva abitudine può portare alla comparsa di carie ai denti, perchè va ad intaccare la sostanza adamantina che protegge gli incisivi.

L’onicofagia nelle donne

Il mangiarsi le unghie si manifesta specialmente nelle donne e negli individui tendenzialmente timidi, che tendono a manifestare la propria aggressività verso sè, piuttosto che esternarla.

Nelle donne è una vera e propria forma di autolesionismo. Insomma non si parla di solo di una semplice mania o vizio, ma conseguenza di un disagio molto profondo.

 

 

Mangiarsi le unghie – Rimedi

Per guarire da questa problematica è necessario comprendere i motivi di questo stato di auto-aggressività e per quale motivo si preferisce sfogarsi su sè stessi e non sugli altri.

Uno dei migliori rimedi per contrastare questa brutta abitudine è rendere cattivo il sapore delle proprie unghie, adoperando dei cosmetici appositi.

E’ possibile provare una terapia farmacologica, con la somministrazione di integratori di vitamina B e farmaci antidepressivi.

E’ sempre bene evitare cure improvvisate; è preferibile rivolgersi al proprio medico per avere una terapia specifica.

Psicoterapia

La natura di questo “vizio” è quasi sempre psicologica, dunque niente di meglio della psicoterapia per curare questo disturbo.

Il terapeuta aiuterà il paziente a comprendere e a gestire rabbia, stress, noia e infelicità in modo non dannoso, anche attraverso metodi alternativi e salutari come lo sport, terapia di rilassamento e tecniche di meditazione.

Conclusioni

In conclusione è possibile affermare che continuare a logorare le unghie è  dannoso per la nostra salute, un fattore anti-estetico (da non sottovalutare, soprattutto per il gentil sesso) e un messaggio della psiche che,attraverso il sintomo, richiede attenzione e soluzione di  altre problematiche.

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EMDR Video

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 EMDR in Video

Video EMDRE.M.D.R., o Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari è un approccio ampiamente verificato praticamente,  efficace per il trattamento del trauma e tante altre esperienze di vita negative.

Numerose organizzazioni, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità,l’ American Psychiatric Association, il Dipartimento della Difesa americano, il ministero della Difesa italiana et al., raccomandano la terapia EMDR come trattamento efficace per le vittime di traumi.

I risultati positivi che si ottengono offrono alla comunità medica un approccio terapeutico efficace in molte aree di applicazioni.

L’efficacia riscontrata frequentemente  è che la terapia EMDR ottiene un miglioramento significativo in tempi brevi.

Questo post è una presentazione di alcuni video  sulla Terapia EMDR.

-Il primo video che sottopongo alla Vs. attenzione è:

1) L’efficacia della terapia EMDR – Intervento dei ricercatori Marco Pagani e Giorgio Di Lorenzo- Video

Rilevamento delle modifiche neurologiche in seguito a trattamento EMDR 

Ricercatori EMDR

 

 

 

2)-Superare un grosso trauma, un lutto, una catastrofe: l’efficacia della terapia EMDR- Di fronte ad un trauma

 

Come superare un lutto,un incidente, un’esperienza traumatica con EMDR– Video

3)-L’efficacia della terapia EMDR  – Intervento di Domenico Rossi, Interesse per EMDR - D.Rossi-Sottosegretario alla difesaSottosegretario alla Difesa-

Interesse del Ministero della Difesa alla tecnica EMDR Video

Violenze sulle donne (4)4)Violenza e abusi sulle donne. L’efficacia della terapia EMDR – Intervento della paziente Chiara Invernizzi-

Come Superare il trauma di un abuso

Una seduta EMDR5)Trattamento E M D R – Eyes Movement Desensitization and Reprocessing

Video di una seduta EMDR  

CENTROMEID Milano

Questi sono alcuni video di questa importante tecnica.

Il Dott. Mario Di Nunzio pratica da 14 anni, nel proprio studio, questo procedimento terapeutico ed ha aiutato molte persone  a superare  lutti, traumi ed incidenti su adulti e bambini.

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L’EMDR per guarire da un lutto (Caso Clinico)

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Modificazione dei tratti caratteriali di riservatezza

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Cambiamenti inconsci2

Modificazione dei tratti caratteriali di riservatezza,timidezza e ansia sociale, attraverso cambiamenti profondi della psiche. Risoluzione della conflittualità profonda, delle sensazioni ed emozioni avverse.

Nuove Tecniche Psicoterapeutiche- Caso clinico con EMDR

Caso Clinico

Tony e Connie sono consuoceri di M.Raff e Anie. Si conoscono da poco tempo. Questa nuova conoscenza ha portato alla frequentazione di due famiglie fondamentalmente diverse per cultura e abitudini di vita.

Tony e Connie sono aperti, espansivi, socievoli e alla costante ricerca di cene e compagnia.

M.Raff. e Anie sono diversi: più chiusi e riservati. Il carattere riservato di M.Raff. e la stanchezza di un lavoro logorante di Anie facevano preferire una moderata frequentazione sociale. Insomma, ci si vede di tanto in tanto, senza frequenze assidue.

Tony e Connie non avevano gradito queste diverse abitudini; erano rimasti delusi da questa ristretta frequentazione,  e fin da subito avevano reagito con una certa delusione e distacco.

L’insoddisfazione di Tony e Connie era stata ampiamente percepita dal carattere sensibile di M.Raff.

Questa è il caso clinico di M.Raff.

Cambiamenti inconsciQuest’ uomo in passato ha sofferto notevolmente di timidezza e ansia sociale, questi problemi avevano affinato la sua percezione di accoglienza o di rifiuto da parte degli altri.

Ha sempre vissuto con ansia le situazioni sociali, infatti se gli altri non dimostravano un carattere caldo e accogliente, o con chiare manifestazioni di accoglienza, immediatamente cominciava a percepire che gli altri erano delusi,  insieme ad un sentimento di critica e una convinzione di non essere gradito. Queste coscienze poi portavano al desiderio di allontanarsi, ad incolparsi e idee di non gradevolezza.

Negli ultimi tempi aveva compreso che buona parte della timidezza derivava da questi turbamenti, mentre il senso di vergogna derivava dall’ auto critica e dalla necessità di non dover essere in quel modo.

M.Raff. aveva notato  queste sensazioni in molte situazioni sociali, per questo negli ultimi tempi aveva deciso di voler capire meglio le fastidiose sensazioni ed emozioni ed iniziare una psicoterapia.

Ecco la relazione del percorso terapeutico di M.Raff.

La difficoltà di verbalizzazione delle sensazioni provate, profondamente connaturate con una riservatezza di carattere e l’assenza di una precisa sintomatologia, rendeva molto difficile il colloquio e metteva a dura prova il lavoro terapeutico.

M.Raff. descrive la modifica del suo carattere come una profonda aratura di un campo piatto e senza indizi. Ma questa era una sua impressione perché, in realtà, di indizi profondi c’erano e ne erano parecchi.

Procedura E.M.D.R.

Si decide di comune accordo di lavorare sugli incontri sociali con i consuoceri.

Immagine: le facce deluse dei consuoceri.

Sua convinzione negativa: Io non vado bene.

Cognizione positiva: Io vado bene così come sono.

Validità della Convinzione Positiva  [V.O.C.]: “Quando credi vere alle parole: ‘Io vado bene così come sono’, su una scala da 1  a 7, dove 1 è falso (non ci credi) e 7 è vero?

Risposta VOC: 2 . ( Molto basso. Non crede che va bene così com’è).

Emozioni. “Pensando alla cognizione ‘Io non vado bene’, quali emozioni senti in questo momento?”

Risposta: “ Provo una sensazione negativa di aver deluso gli altri, con ansia, angoscia e sensazione di rifiuto”.

-“Grado di disagio provato (S.U.D.). Da 0 a 10.  0 è nessun disagio e 10 è il più alto possibile, qual è il tuo grado di disagio?”

Risposta: “ 5 – 6”.

-“Dove provi sul corpo questo disagio?”

“Allo stomaco”.

“Allora mentre pensi all’espressione delusa dei consuoceri, alla tua convinzione:’ Io non vado bene’, alle emozioni  di ansia e senso di rifiuto e al disagio allo stomaco, segui con gli occhi le mie dita”.

M.Raff. segue con gli occhi il moto  delle dita del terapeuta,  nel movimento orizzontale ‘a navi che incrociano’.  Quando M.Raff. si blocca e non riusce più a seguire si usa il ticchettamento alternato, destro-sinistro, sul dorso delle mani.

Dopo qualche tempo (una ventina di movimenti) M.Raff. dice: “Una situazione  che capita spesso e che non sopporto. Non tollero la freddezza degli interlocutori. Se non mi danno una chiara manifestazione di rassicurazione, vado in ansia”.

Si continua con i ticchettamenti sul dorso delle mani e movimenti oculari. Il terapeuta si ferma quando nota cambiamenti sul volto e sul corpo del paziente e chiede ‘cosa è venuto fuori?’

R.“Provo ansia. Non mi sento gradito…accettato…  penso di avere deluso. Ho ansia perché temo la loro reazione!”

D.“Reazione di cosa?”

R.“Squalifica. Sono messo da parte…’Tu non vai bene’…Non servi. Frequenteremo altre persone!”

Domanda: “Grado di disagio?”

Risposta.   “ 7 “

D. “Dove provi questo 7 sul corpo?”

R. “Stomaco e nuca”

-“Rivolgi l’attenzione a questa sensazione, allo stomaco. Notala soltanto. Non dare giudizi….Cosa noti?

R. “E’ come un grumo”

D. “Cosa provi?”

R. Lunga pausa….“Posso scioglierlo…Si scioglie…. Sono più rilassato”.

D. “ Scannerizza il tuo corpo. Cosa noti?”

R. “Collo e nuca tesi… Sono preoccupato…”

Si lavora con i movimenti oculari ‘destro-sinistro’ e ticchettamenti sul dorso delle mani ad occhi chiusi.                                                                                                                                                                                                                                                                                                   E.M.D.R.C’è una grande tensione emotiva, espressa dal volto e dalle reazioni corporee di M.Raff. I suoi occhi sono rossi e spesso arriva il pianto.

R. “ … Mio padre… incazzato… L’espressione del volto delle altre persone mi ricorda ‘aria di tempesta’. Sono incazzati con me. Non sono stato come volevano loro…Si sono incazzati. Non ho diritto ad una mia opinione. E’ colpa mia se ho provocato quelle espressioni. (Alzando la voce) Ma cosa ho fatto!! …Sei sempre arrabbiato con me… Io temo le tue arrabbiature… (Pausa lunga)”

D. “Cosa noti sul corpo?”

R. “Tensione allo stomaco e alla nuca”

D. “Nota solo, senza fare niente”.

R. “Pensandoci bene mio padre non era sempre così. Mi è stato anche vicino. (Rielaborazione dell’ esperienza passata).                                                          Pausa. Solo che allora era spietato. Quando tornavo a casa  la prima cosa cercavo  la sua espressione…Ora ho capito: Il passato che ritorna. Delle altre persone, ora, non mi interessa nulla…ora .Vado bene così come sono.  Il passato che ritornava…(Rielaborazione e crescita) Ma ora il bambino è cresciuto, non deve rendere più conto a nessuno….    … .

Sa, dottore, diverse volte mio padre mi ha ripetuto successivamente ‘vai bene,così…” (Rielaborazione e ricerca di eventi positivi ) 

Pausa….

D. “ Grado di disagio?”

R. “ 2”

D. “ Su una scala da 1 a 7, dove 1 è falso e 7 è vero, quando credi vero alle parole    ‘ Vado bene così come sono’?

R. “6 … ”   ( Aumento autostima e delle auto convinzioni positive)

D. “Emozioni?”

R. “Stupore, incredulità e soddisfazione

D. “ Una seduta lunga. Quasi un’ ora e venti. Com’è stato questo incontro?

R. “Pesante, ma importante. Il bambino è cresciuto ed è diventato adulto. Mi sento più leggero. Grazie, dottore, alla prossima volta”.

Ci sono state ancora alcuni incontri  di assestamento con M.Raf.                                Ora ha più autostima e più capacità di autoaffermazione.                                                           Cambiamenti inconsci

Quando lo incontro ci salutiamo molto cordialmente e mi racconta delle vittorie a carte e a tennis con il consuocero.

 

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L’EMDR per guarire da un lutto (Caso clinico)

Eliminare la timidezza e la vergogna

 

 

 

 

 

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Paura e ossessione di essere omosessuale

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L' ossessione di essere omosessuale
Ossessioni e paura di essere omosessualeQuesto articolo descrive il dubbio ossessivo 
di essere omosessuale, o la paura di diventarlo
 pur non avendo fondati motivi di ipotizzarlo.

Siamo nell’ambito delle ossessioni sessuali.

Il timore ossessivo dell’ omosessualità è uno specifico sotto tipo di disturbo ossessivo compulsivo.

Nelle ossessioni sessuali troviamo dubbi, insicurezze, sofferenza, ansia, sensi di colpa, sensi di vergogna, depressione e considerazione di se stessi come persone perverse e immorali.

Alcuni soggetti sofferenti di questa forma di disturbo riferiscono dubbi e paure di essere gay o lesbiche. Queste costituiscono una forma di espressione del disturbo ossessivo compulsivo.

Alcuni di loro sono persone sensibili e profonde, forse con un passato di timidezza, chiuse, con grossi problemi di approccio al sesso opposto, che hanno sempre desiderato un rapporto etero, segretamente, senza osare, ma che ad un tratto vengono trafitte da una domanda, silenziosa e letale, un dubbio che li inchioderà al muro a lungo e dolorosamente: il dubbio di essere omosessuali.

Cosa sono le ossessioni omosessuali?

Sono dubbi intrusivi e ricorrenti sulla propria identità sessuale.

Pensieri indesiderati, impulsi o immagini di relazioni fisiche con persone dello stesso sesso, che, senza nessun controllo, affiorano alla coscienza e iniettano il dubbio di essere gay, o di poterlo diventare, pur non avendo mai, in passato, avuto dubbi sulla propria sessualità.

L’insorgenza di questi dubbi porta a provare insicurezza sulla propria identità sessuale e fa instaurare indagini ripetute sulle esperienze passate, per ricordare di avere avuto attrazione o azioni da gay o da ragazze lesbiche.


Molte persone tormentate dal
dubbio e dalla sofferenza di essere omosessuali, quando sono nelle vicinanze di persone dello stesso sesso, si vedono costrette a scrutare il proprio corpo, in cerca di segni di eccitamento sessuale.

Alcuni evitano il contatto con uomini gay, lesbiche, bisessuali, persone effemminate o mascoline per il timore di una sorta di “contagio” che possa in qualche modo “attivare” una sorta di omosessualità latente.

Altre ancora
in presenza di persone gay o individui dello stesso sesso, hanno timore di mostrare atteggiamenti equivoci. Frenano il loro comportamento per timore di perdere il controllo e liberare impulsi sessuali indesiderati.

Gli individui con ossessioni di omosessualità si preoccupano che le altre persone possano pensare che loro sono gay, e cercano di proposito di comportarsi “da etero”.

Pensieri eMa ne sono attratto? rituali mentali nel disturbo ossessivo di omosessualità

Pensieri:


  • Trovo quella persona attraente?”

  • Sono eccitato in questo momento?”

  • Sono abbastanza disgustato da questa scena (Vedendo coppie dello stesso sesso)?” .

La necessità di “capire” o determinare il proprio orientamento sessuale può portare a questi atteggiamenti:

  • Ripetizioni a se stesso di non essere omosessuale.

  • Cercare di convincersi inequivocabilmente del proprio orientamento sessuale.

  • Rassicurazioni sul proprio orientamento sessuale (“Sono assolutamente eterosessuale?”).

  • Cercare la sicurezza della propria eterosessualità attraverso un analisi continua delle precedenti esperienze relazionali o sessuali.

  • Confronti mentali del suo modo di essere con le persone etero e con le persone omosessuali.

  • Riesame dei fallimenti dei rapporti precedenti per assicurarsi che i partner precedenti non lo/la credevano gay/lesbica.

  • Pianificare e anticipare tutte le probabili conseguenze di un’ esplosione indesiderata di omosessualità”fuori controllo.

  • Riduzione dell’ansia causata dai pensieri intrusivi attraverso l’immaginazione di atti eterosessuali, o visione di genitali del sesso opposto.

  • Sorvegliare l’ambiente per identificare persone che potrebbero essere gay o lesbiche.

  • Richiamo alla mente di passate esperienze sessuali soddisfacenti, per fuggire da pensieri indesiderati.

  • Sostituzione di pensieri omosessuali intrusivi con pensieri di altro tipo.

  • Assunzione di portamento eccessivamente mascolino (se uomo) o femminile (se donna) al fine di apparire etero.

  • Scelta di “adeguati” argomenti maschili o femminili.

  • Assunzione di rituali di lavaggio (mani, ecc.) nel caso si sia entrati in contatto con uomini gay, lesbiche, o persone bisex.

  • Visione di pornografia omosessuale allo scopo di “dimostrare”a se stessi di provare disgusto.

    -Chiedere rassicurazioni sulla propria sessualità ad altre persone.

    – Iniziare nuove storie eterosessuali per “provare” a se stessi di essere eterosessuale e di esser attratto da persone di sesso opposto.

    -Masturbazione compulsiva con pornografia eterosessuale al fine di ottenere rassicurazione di essere attratti dal sesso opposto.

  • Verifica sessuale con persone dello stesso sesso per trovare queste esperienze angoscianti e indesiderate.  

Torna sù

  • Evitare gay, lesbiche e bisessuali.

  • Evitare il contatto fisico con persone dello stesso sesso (stringersi la mano, abbracci).

  • Evitare le cose che sono state toccate da uomini gay, lesbiche o bisessuali.

  • Evitare di rimanere soli o evitare le conversazioni con individui dello stesso sesso.

  • Ispezione corporea in cerca di segnali fisici di eccitamento.

  • Evitare luoghi frequentati da persone omosessuali.

  • Evitare palestre, spogliatoi, bagni pubblici e altre situazioni in cui possa potenzialmente esserci nudità di individui dello stesso sesso.

  • Evitare immagini / film che ritraggano persone attraenti dello stesso sesso.

  • Evitare persone attraenti dello stesso sesso.

  • Evitare le attività che non sono tipicamente maschili (se uomo) o femminili (se donna).

  • Vestirsi in modo tipicamente maschile o femminile.

  • Evitare musica o film con attori o personaggi gay.

  • Evitare il contatto visivo con persone dello stesso sesso.

  • Evitare, quando si è in pubblico, di guardare l’inguine, il sedere o il petto di persone dello stesso sesso.

  • Evitare di masturbarsi per paura che compaiano pensieri indesiderati a contenuto omosessuale.

  • Evitare programmi televisivi con personaggi o temi omosessuali.

  • Evitare oggetti con immagini ed altri simboli associati all’omosessualità.

  • Evitare un abbigliamento androgino o stravagante.

  • Provare disprezzo, muovere ostilità o atti aggressivi verso le persone omosessuali.


Trattamento della paura ossessiva di essere gay o lesbica.

Rassicurazioni

E se questo non è DOC? E se sono davvero gay o lesbica?”.

Queste sono domande ricorrenti ed è importante discuterne coOssessione dell' omosessualitàn un terapeuta esperto.

Se soffrite di dubbi ossessivi riguardo al vostro orientamento sessuale, ricordate che questi paure sono un “falso allarme”, che non ha nulla a che fare con il vostro orientamento sessuale vero e proprio.

Le persone in cerca di cure per il DOC da omosessualità sono in ansia perché vorrebbero ad ogni costo avere sicurezza assoluta e conoscere con certezza la verità.

Per tranquillizzare chi ha dubbi su un inaspettato cambiamento di interesse sessuale, si può affermare senza ombra di smentita che non accadrà mai un cambiamento sessuale.

L’eterosessuale con DOC Omosessuale può pensarci e ripensarci quanto vuole, provare rapporti omosessuali, qualsiasi cosa, ma rimarrà sempre e solo eterosessuale.

Un altro dubbio delle persone con paura di essere omosessuale è quello di credere che si può diventare ‘omosessuali’ anche negli anni a venire, anche dopo un lungo periodo di eterosessualità.

Forse si fa riferimento all’eventualità della persona che si è sempre percepita eterosessuale, ha avuto esclusivamente relazioni eterosessuali (magari è fidanzata/o o sposata/o) e improvvisamente scopre di essere gay.

In TV e sui giornali si sentono spesso di personaggi famosi che di punto in bianco fanno “coming out”, ossia “uscire allo scoperto e dichiarare la vera natura sessuale”.

Tutto ciò è una BUGIA. Non esiste l’omosessualità latente!

Non esiste una parte segreta di te stesso pronta a venire fuori all’improvviso.

Non esisteinvitoo “un impulso” alla sessualità gay che spunta così, all’ improvviso, da un giorno all’altro, dopo anni di matrimonio o anni di rapporti eterosessuali.

Eventuali esperienze avute con amichetti durante l’infanzia o pubertà sono diffusissime e NON rappresentano segnali di tendenze omosessuali.

Voglio uscire dall’articolo

Cosa è l’omosessualità latente

Chi dice di essersi svegliato gay a 40 anni racconta balle.


Quando si dice che un ragazzo “si è scoperto gay a 25 anni” si intende che quel ragazzo ha accettato la sua omosessualità a 25 anni. Ma
deve essere chiaro che lo sapeva da ben prima. L’orientamento sessuale ha origini molto lontane e le sue prime manifestazioni sono molto precoci, poi matura piano piano attraverso la masturbazione durante l’adolescenza, ma nella sostanza è chiaramente definito già a 13/14 anni.

Di
fferenza fra la vera omosessualità e D.O.C. omosessuale

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo Omosessuale è una cosa totalmente diversa dall’omosessualità.

C’è una differenza abissale tra chi soffre di ossessioni a sfondo omosessuale e chi è veramente gay.

Chi è omosessuale sa di esserlo. Non ha la paura o il dubbio di esserlo o di poterlo diventare. Lo sa da sempre.

Non gl
i viene minimamente il panico a pensare questa frase. Non v
a a cercare sintomi. Lo sa e basta.

La sofferenza dei primi è violenta ed insanabile, dovuta ad una totale incompatibilità ed estraneità dei pensieri ossessivi. Nel secondo caso invece la sofferenza nasce dal dissenso tra la propria Natura e la Società, tendenzialmente non favorevole a quell’orientamento.

Psicoterapia del Disturbo Ossessivo Compulsivo omosessuale

Il bisogno assoluto di certezze costituisce uno dei fattori principali di mantenimento del problema e il punto centrale di ogni terapia.

Il trattamento del disturbo ossessivo, quindi, non deve solo rassicuCattivi pensieri nel DOC e nella depressione post-partumrare, né solo convincere il paziente che i dubbi sono infondati, ma deve avere l’obiettivo di insegnare a convivere con una certa quantità di dubbio,di non cercare verità assolute, del tipo ‘tutto bianco o completamente nero’ oppure cercare sicurezze al 100 per cento.

Il trattamento non deve solo mirare a rassicurare il paziente che non è omosessuale, quanto piuttosto aiutarlo a convivere con una certa quantita di caratteristiche di persone dello stesso sesso e tollerare l’inspiegabile.

Il timore ossessivo di essere omosessuale funziona proprio come le altre tipologie di ossessioni del DOC: più si analizzano i pensieri e la fisicità per cercare di “capire la verità”, più è probabile che i sintomi ossessivi vengano alimentati e rafforzati.

Spesso le persone con questo tipo di DOC manifestano una profonda paura per la critica, il rimprovero e il disprezzo, che minacciano la loro necessità di persone accettate e degne di essere amate. In questo senso, la psicoterapia ha il compito di ridefinire l’autostima del soggetto, stimolando criteri di auto-valutazioni più interni, al fine di ridurre la paura che del giudizio degli altri.

Il profilo di personalità delle donne con ossessioni sessuali e con la paura di essere lesbica presentano, più o meno, la stessa sintomatologia del disturbo degli uomini, ossia paura della diversità, dell’ isolamento, timore dell’ insicurezza, sentimenti di fragilità e la paura di perdere il controllo.

Il timore di essere omosessuale non è determinato da motivi di intolleranza o di disprezzo verso le persone gay o lesbiche, anzi spesso traspare un sano rispetto, se non di vera e propria ammirazione, ma piuttosto può essere legato ad aspetti di fragilità, intolleranza al dubbio e le insicurezze.

Come uscire dal Doc Omosessuale, allora?

Cominciando a smetterla di prendere per vere tutte le fesserie che il DOC ci propina.

Perchè lo farà, continuerà ancora. Ti riempirà di dubbi e di paura. Ti farà percepire altri “colpetti”, “pseudoattrazioni” e “movimenti delle parti inguinali”.

Cominciamo a conoscere, il nostro avversario. Iniziamo a vederne le strategie ed i meccanismi e ad intuire la direzione dei suoi colpi bassi.

E possiamo decidere di non seguirlo nell’ennesima trappola. Possiamo decidere di non fare sempre gli stessi errori, di fare qualcosa di nuovo: non fare azioni forzate allo scopo di convincere noi stessi, non compulsare, non cercare rassicurazioni, non cercare altre informazioni.

Sarà dura. Possiamo stringere i denti ed aspettare che la tormenta passi da sola o rivolgerci ad un terapeuta esperto. Perché la tempesta passerà, puoi essere certo.

Per vincere la battaglia sul Disturbo Ossessivo Compulsivo (D.O.C.) e la paura dell’ omosessualità sono essenziali terapia Cognitivo-Comportamentale, compiti di Mindfulness e tecniche R.Q.I. per sradicare dubbi e installare sicurezze.


Come Pronto Soccorso ecco un utile esercizio.

Praticare mindfulness educa a radicarci nel presente, nel «qui e ora», imparando atteggiamenti basati sull’accettare noi stessi, a vivere con ascolto e attenzione le sensazioni, le emozioni, i pensieri, le relazioni.

Invece di iniziare a rimuginare ed essere attanagliato dal dubbio bisogna imparare ad accorgersi e rendersi conto della parte ( le parti) del corpo che agitate. L’ansia si manifesta in maniera diversa da persona a persona, comunque può essere lo stomaco, tensione alla schiena, al collo, ecc.

Porta la
tua attenzione e
osserva queste parti agitate come uno spettatore neutrale, senza emettere valutazioni o giudizi.

Forse inizialmente c’è grande tensione, ma lentamente , con la consapevolezza di essere ‘QUI’ ed ORA’ si calmerà la tensione e si instaura maggiore fiducia nelle proprie capacità a controllare e monitorare.

Prendere cSto bene oraoscienza della respirazione. Iniziare semplicemente a prendere un respiro più profondo ogni tanto: una piccola azione pratica, che non impegna al punto di dover essere rimandata e consente di sviluppare attenzione e di “sommare” boccate di ossigeno che vanno a dare beneficio all’intero organismo. Da questo inizio si passa poi ad effettuare 10 respiri profondi nel tragitto dall’ufficio alla mia auto e viceversa, nelle sale d’aspetto degli aeroporti, scorrendo la posta elettronica al computer, in ascensore, ascoltando altre persone parlare durante le riunioni.

Le 5 fasi dell’esercizio:

  • Prendere coscienza del respiro.
  • E’ costituito da 10 respirazioni profonde e continue (senza apnee);
  • Una respirazione è composta da inspirazione + espirazione.
  • Le respirazioni sono eseguite attraverso il naso o la bocca;
  • Il ritmo può essere lento o veloce, a seconda delle necessità;
  • Inspirare riempiendo completamente il torace ed espirare seguendo con l’attenzione il percorso dell’aria.

Invece di lasciar correre i pensieri in mille direzioni, mi sintonizzo sull’attenzione a quelle parti del corpo.

Attraverso l’applicazione pratica della mindfulness,anche il lavoro, o la pratica sportiva svolta, ha acquistato un carattere più giocoso. Seguo con consapevolezza i movimenti piccoli o forti richiesti dal lavoro e dalla occupazione che sto svolgendo.

Attraverso ciò si realizza tre abilità fondamentali che vengono apprese e coltivate con la pratica quotidiana:

1. Apprendere ad ancorarsi al momento presente, invece di essere catturati da anticipazioni catastrofiche del futuro, oppure da recriminazioni sul passato.

2. Apprendere a riconoscere i pensieri in quanto tali, e a non considerarli dati di fatto.

3. Superare la tendenza all’evitamento, caratterizzato da atteggiamenti di fuga e di rifiuto nei confronti dei propri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche. Questo obiettivo è correlato alla consapevolezza di poter scegliere le proprie azioni, e su cosa applicare il nostro impegno.

La sensazione di pace che ne segue è impagabile.

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Vincere Il DOC omosessuale

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Quando giova una Psicoterapia

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Quando serve una PSICOTERAPIA.

Quando serve una psicoterapiaBisogna sfatare un
a convinzione purtroppo ancora abbastanza diffusa, che considera “ malata” la persona che si rivolge allo psicologo.

Se hai una preoccupazione, la tua vita interiore non è più serena, hai problemi, hai delle cose che non vanno.

– Hai delle difficoltà psicologiche.

-Ti senti depresso, sei disperata.

-Oppure soffri di fobie, di ossessioni, di blocchi che ti limitano.

Può darsi che soffri di Ansia o di attacchi di Panico.

-Sul lavoro sei vittima di mobbing.

Hai subìto un trauma, un abuso sessuale, un incidente, un aggressione e non riesci ancora a liberare la mente.

-Se hai una crisi di coppia, problemi in famiglia, con i figli o con le famiglie d’ origine.

Non vivi più in tranquillità e non riesci più a goderti la vita e ad essere felice.

Vinci le ossessioniLa Psicoterapia può aiutare. Non c’è nulla da vergognarsi rivolgersi ad uno psicoterapeuta.

In passato, in certe situazioni, può darsi che hai cercato invano la soluzione, ascoltando consigli e suggerimenti di esperti o presunti tali.

Ti sei accontentata delle parole dell’amica o degli amici, sottoponendo il problema alla parrucchiera di fiducia, per l’occasione valida consigliera in materia, ”perché anche lei è passata per la stessa esperienza”, oppure all’ estetista “perché il contatto con la gente la rende un po’ “psicologa “.

Magari circondati da parenti vari che dicono “devi reagire, non hai bisogno dello psicologo c’è la puoi fare benissimo da sola”.

Ma solo quando abbiamo provato di tutto, quando ci ritroviamo impotenti e anche depressi, perché il nostro disagio è ancora lì, allora ricorriamo alla psicoterapia.

Le ossessioni-mistero della mente umanaCon queste contraddizioni, con questi dubbi entriamo nel percorso terapeutico.

Mentre ci incamminiamo chiediamo a noi stessi cosa potrà aggiungere uno psicoterapeuta alle cose che ci hanno sempre ripetuto tutti e che sappiamo già.

Questa è una resistenza, un tentativo di ridimensionare, di vanificare qualsiasi possibilità di uscire dal disagio. Una paura del cambiamento.

Quindi si giunge sulla soglia di uno Studio, caricando il percorso terapeutico di aspettative di gran lunga superiori a quelle che possiede, e questo non perché “l’aiuto psicoterapico non serve a molto” ma perché le aspettative sono inadeguate,diverse o superiori riguardo ai nostri autentici bisogni.

 

La mente è come un immenso computer. Il software mentale può avere bisogno di specialisti programmatori.

Condizionamenti del passato o i traumi sono software patologici che avvengono nel corso della vita. Questi durano anche una vita, non vanno via col tempo e non si riparono da soli.

psicoterapiaIl pregiudizio che chi va dallo psicologo è un “esaurito”, “un debole”, un malato mentale”, va visto come il retaggio di un’ancestrale paura ed ignoranza nei confronti della malattia mentale. E’ un pre- giudizio: un giudizio dato prima.

La psicoterapia non è una semplice chiacchierata fra amici, ma un lavoro che va direttamente a rimuovere i problemi, a desensibilizzare la sintomatologia, a rielaborare, a modificare le convinzioni distorte, a riequilibrare e armonizzare gli emisferi e imparare nuove capacità di Problem Solving.

La capacità di rivolgersi ad uno psicoterapeuta in un momento di bisogno, il saper chiedere aiuto è indicativo di un grado di evoluzione e consapevolezza che fa la differenza tra chi sa e chi non sa, ma si permette di giudicare.

Rivolgersi a figure professionali qualificate è il primo passo per un cammino di stima e rispetto verso noi stessi.

La psicoterapia è un viaggio. Qualunque sia il punto di partenza è un viaggio verso un paese straordinario e affascinante: Noi Stessi.

Come autentici viaggiatori bisogna partire con l’umiltà di chi non sa. Bagaglio leggero, disponibili a liberarsi dalle zavorre, desiderio di aprirsi alla crescita e al cambiamento, anche se si è in compagnia della paura, sempre presente quando si è in cammino verso territori sconosciuti.

Pensare che ogni persona, amica o conoscente può dare comunque anche dei buoni consigli è riduttivo e inutile. Un aiuto non vale l’altro.

E soprattutto un consiglio, una pacca sulle spalle, un invito amichevole a non pensare al problema, o uno sprono a darsi da fare è del tutto inutile quando le cause sono inconsce e sconosciute.

Magari anche un po’ con la paura di strutturare una dipendenza che non ci libererà dallo psicologo.

Siamo perplessi, increduli, spaventati, con il timore che saremo condotti a fare cambiamenti e cose che non vogliamo fare.

E, infine, forse c’è anche la paura di poter risolvere il problema, ma preoccuparci del nuovo, perché finora intorno al problema abbiamo adattata la nostra vita. Se ciò dovesse verificarsi, cosa ne sarà di noi?

Se all’improvviso venisse a mancare quella forma di controllo, sia pure malato, che la problematica aveva garantito alla nostra vita? In fondo il problema lo conosciamo bene, ma la libertà da esso che cosa sarà e dove ci porterà? Cosa ne faremo di quella libertà che avremo conquistato?

Lo psicoterapeuta ci accompagna, fa del nostro viaggio il suo cammino. Sarà un compagno che ci aiuta a comprendere ciò che non è possibile capire, ci incoraggia ad accettare la paura, ad allontanare il giudizio da ciò che scopriremo di noi stessi, a rivelarci la meraviglia dei nostri paesaggi interiori.

Non sarà lo psicoterapeuta ad imporre il passo né a decidere la meta. Non combatterà le nostre battaglie, ma ci passerà le armi.

Non giudicherà e né criticherà le nostre difficoltà e il nostro modo di pensare. Considererà la nostra vita nè bella né brutta,nè giusta e nè sbagliata, ma semplicemente Nostra e, in quanto tale, unica e degna di attenzione e accoglimento.

Non ci darà la soluzione, ma farà in modo che ognuno riesca a trovare dentro di sè “come fare”.

La nostra sarà” un’alleanza terapeutica”. Saremo noi a decidere il percorso, noi a scegliere la destinazione e il paesaggio da visitare tra i tanti possibili.

Chi non ha mai avuto bisogno di una guida! Perfino Dante, si fece accompagnare da Virgilio nella sua discesa negli inferi.

Il sommo poeta nella “Divina Commedia” ci dice fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”.                                                                              

Ciò sta a significare che la consapevolezza e la conoscenza sono la base di qualsivoglia percorso umano, e a suggerire che un tale cammino è meglio che si compia in compagnia di una guida  che ci conduca negli inferi, ma con in tasca il biglietto per il ritorno.Psicoterapia

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Nello studio dello Psicologo

Quando c’è bisogno di Psicoterapia

 

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Disturbo Ossessivo Compulsivo da Relazione

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E se appena vedo il mio partner non lo trovo abbastanza attraente?                Doc da relazione

Questo tipo di disturbo Ossessivo Compulsivo  riguarda le relazioni affettive. Si manifesta con dubbi, ansia, insicurezze e gelosie verso la persona con cui dividiamo la vita e l’insicurezza sulla validità della relazione.

E’ normale per le persone, durante un certo periodo del rapporto sentimentale avere perplessità e dubbio  sulla relazione e il proprio partner.

Spesso può capitare di avere sentimenti  contrastanti rispetto al partner. Fa parte della naturale evoluzione del rapporto.

Può capitare di provare attrazione per altre donne o uomini e di chiedersi se tale sensazione può avere un riflesso sulla propria relazione.

Queste dubbi legittimi e queste preoccupazioni, per alcune persone diventano a poco a poco sempre più forti, costanti e disturbanti e causano un’ansia crescente.

In questi casi può manifestarsi il Doc da Relazione.
Ci sono “indizi” che possono far capire se sono normali dubbi di un rapporto sentimentale o insidie, tranelli del Doc da relazione.

Doc da relazioneSiamo cresciuti con i film romantici, il mito dell’amore , del principe azzurro, della principessa e del “vissero felici e contenti”.

Il Doc da Relazione si serve di questi condizionamenti facendo confronti tra il mondo ideale (dove gli innamorati sono perfetti, le relazioni sono romantiche e felici e non si hanno mai dubbi sulla relazione) e la  realtà, dove invece le cose sono in un modo del tutto diverso.

E’ qui che si scatena la micidiale logica del disturbo ossessivo compulsivo:“se questo fosse vero amore non dovrei sentirmi così”.

Come capire se ci troviamo di fronte ad un Doc da Relazione quindi?

Sintomi del Doc da relazione

1. Insofferenza all’incertezza: uno dei segni del DOC è l’incapacità a sopportare anche il più minimo segno di incertezza.

Chi soffre di Doc da relazione ha bisogno di sapere con certezza cosa pensa l’altro/a, come si sente, cosa prova, cosa ha fatto.Il non saperlo con certezza è fonte di grande ansia.

Disturbo ossessivo compulsivo da relazioneLo amo o non lo amo?”domanda limite del Doc da Relazione:”

Una persona normale che non soffre di Doc, felicemente insieme da molti anni, potrebbe tranquillamente ribattere con un “mah… a giorni alterni”, oppure potrebbe pensare: “Certo che lo amo! Ma a volte lo odio!!”.

Per il docker queste dubbi sono inaccettabili.

2. Pensiero del tipo ‘Tutto / Niente’

Appena nasce il dubbio che la relazione non va bene, arriva il pensiero cardine (“se non penso tutto il meglio di lui, allora vuol dire che non lo amo, voglio lasciarlo”), la certezza che va a rotoli.

3. Pensieri ossessivi

Chi soffre di Doc da relazione si chiede continuamente se quello che prova è vero amore o no.

Si arriva a formulare anche elenchi di pro e contro su svariati aspetti dell’altra persona, quali: aspetto, difetti fisici, moralità, capacità sociali, personalità,gli piacciono o meno.  (da notare l’aspetto “logico” e “razionale” anziché vivere in modo spontaneo la relazione !)

4. Paura delle sensazioni
Sopraggiungono pensieri e dubbi : “e se lei non fosse truccata bene? Se non provassi piacere nel vederla? Se sento la fitta dell’ansia?” ,  domande che suscitano dubbi sulla relazione e creano un’ansia elevata.

5. Comportamenti inspiegabili

Doc da relazioneInterrogare insistentemente e inquisire il / la partner sulla sua fedeltà, lealtà ed amore, finendo per irritare e prendendo poi questa irritazione come prova a favore della fine della relazione.

6. Estrema attenzione alle cose  

Ulteriore differenza tra chi ha questo Disturbo ed una persona normale sta nel fatto che il docker analizza ogni piccolo gesto o difetto fisico che va a  collegare alla sua idea di relazione. Questo fa aumentare i dubbi sulla relazione.

7. Senso di colpa

E’ un sentimento molto diffuso con pensieri di auto-rimprovero del tipo: “Non dovrei sentirmi così nei suoi riguardi” o “Non dovrei provare attrazione per quella ragazza, anche se è più bella della mia” o “forse non l’ amo quanto mi ama lui, sono orribile”.

8. Dubbi Ossessivi                                                                                                          I dubbi del Doc da Relazione sono continui ed persistenti: “mi attrae o mi lascia indifferente?”,  “lo amo o non provo niente?”… Sono tutti dubbi  ai quali viene richiesta  una risposta, che solitamente non va a spegnere il dubbio.

Comportamenti compulsivi nel Doc da Relazione

Nel Doc da relazione sono presenti compulsioni, atti e rituali messi in atto per diminuire l’ansia, ma che di fatto rinforzano il disturbo, perché non si può estinguere un problema immaginario con una azione reale.

Le compulsioni sono prevalentemente mentali. Eccone alcune:

Verifica e controllo continuo dei propri sentimenti (“Provo amore?”),

Monitoraggio dei comportamenti (“sto guardando altri uomini o altre donne?”)

Esame sui pensieri (“E’ normale avere pensieri critici su di lei?”, “E’ normale avere dubbi?”)

-Confronto della propria relazione con quella degli altri ( amici, colleghi, o anche personaggi di film romantici o programmi televisivi).

-Richiesta di rassicurazioni riguardo al proprio rapporto affettivo ad amici, famiglia, terapeuti, o anche indovini e sensitivi.

-Evitamenti

Il docker cerca di evitare quelle situazioni o persone che innescano i dubbi  o ansie (es: la vista di una donna attraente per un uomo è immediatamente collegata alla “paura di tradire”).

Nel Doc da Relazione prevale l’aspetto puramente logico e razionale per paura o incapacità a gestire sensazioni fisiche ed emotive.

Modalità di manifestazione del Doc da Relazione
Il Doc da Relazione si manifesta con due modalità:

Centrato sulla relazione
E’l’amore della mia vita o sto facendo un grande errore ? ”.

Le persone con questa caratteristica, con pensieri ossessivi  incentrati sulla relazione sono spesso sopraffatte da dubbi e preoccupazioni focalizzate sui loro sentimenti, verso il partner, su ciò che il partner prova per loro e su “cosa và più o meno bene nella relazione”.

In genere pensano ossessivamente a pensieri tipo: “E’ la relazione giusta per me?”, “Questo non è vero amore!” , “Chissà se devo lasciarlo” , “E’ tutto corretto?”, “Il partner mi ama veramente?”, “Mi sto disinnamorando ?

Centrato sul partner

Questi docker soffrono di ossessioni focalizzate sul partner.

Possono riguardare: – caratteristiche fisiche del proprio partner (ad esempio, “Il suo naso è troppo grande.”, “Il suo seno non è sodo abbastanza”, “lo trovo brutto”),

-qualità sociali (ad esempio, “Non è abbastanza socievole”, “Lei non ha qualità che servono per avere successo nella vita. »),

-attributi della personalità, come la moralità, l’intelligenza, o la stabilità emotiva (come ad esempio,” Lei non è abbastanza intelligente”, ” Non è emotivamente stabile “).

Questi due tipi di Doc da Relazione possono presentarsi contemporaneamente e rinforzarsi l’uno con l’altro.

Conclusione

Anche il Doc da Relazione, come nel doc Omosessuale, Doc aggressivo o altri, la sintomatologia si fonda su sentimenti di dubbio,  insicurezza e paura di sbagliare. Gli automatismi del disturbo ossessivo si costruiscono sulla sensazione di perdita del controllo del proprio spazio di vita, una percezione che deriva dalla storia personale,  dal primo ambiente di vita e dalle caratteristiche di personalità che sono venute a formarsi,

Seguirà un prossimo articolo sul Doc da Relazione.

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Come fare lo psicologo a se stessi e ritrovare la serenita’

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Questo articolo mostra una procedura che aiuta a risolvere problemi di attrito nei rapporti sociali, nelle difficoltà emotive e contraccolpi negativi in seguito a frustrazioni e abusi.

Con questa metodologia, per mezzo di alcune domande specifiche, puoi imparare a indagare il motivo, cambiare l’ emotività e placare la sofferenza.

Si chiama “LAVORO” . E’ tratto dal libro: ‘Amare cio che è’ di Byrone Katie(Edizioni Punto di Incontro).

Il metodo ‘IL LAVORO’ trasforma in modo rapido e radicale il modo in cui le persone considerano il loro problema. Quando si cambia il modo di concepire una certa situazione, i problemi scompaiono.

Quando siamo di fronte ad un disagio, ad una situazione stressante, ad una grande sofferenza, situazioni di rabbia o disperazione, in fondo c’è sempre un preciso pensiero, una considerazione responsabile della nostra reazione. Per sopprimere quella sofferenza e mettere fine allo stress, bisogna esplorare il pensiero che sta dietro.

Come? Con un foglio di carta, una penna e la voglia di cercare le risposte ad alcune domande particolari.

Le domande sono le seguenti:

– Chi ti fa arrabbiare, ti confonde, ti rattrista, ti delude, e perché?

– Cosa non ti piace di questa persona?

-Cosa vuoi che cambi questa persona? Cosa vuoi che faccia?

– Hai bisogno che questa persona faccia cosa per renderti felice?

– Quali esperienze non vuoi più avere con questa persona?

– E’ vero?

– Cosa saresti senza quel pensiero?

Riguardo al problema, rispondi alle seguenti domande:

1) E’ vero?

2) Puoi sapere con assoluta certezza che è vero?

3) Come reagisci, cosa succede quando credi a quel pensiero?

4) Come sarebbe la tua vita senza quel pensiero?

5) Rigiro ( o capovolgi a 180°il pensiero).

Applica con metodo questa procedura e puoi iniziare ad analizzare alcune tue reazioni alle persone che ti sono più vicine. Puoi passare poi ai problemi che ti danno più sofferenza, come ad esempio il risentimento, l’odio per se stessi,il denaro, la malattia, l’ ingiustiza, il tormento verso alcune situazioni familiari, lavorative e sociali.

Come esempio ti mostrerò IL LAVORO svolto su una situazione reale. Caso reale.

IL LAVORO

Foglio di lavoro: un problema di relazione con una collega, causa di sofferenza, astio, rabbia e disagio.

Lo psicologo a se stessi1) Chi fa arrabbiare, ti confonde, ti rattrista, ti delude e perché?

-Sono arrabbiato con la collega perché mi ruba spazio. E’ invadente, insensibile e arrivista.

Non esita a ricorrere a tutte le maniere pur di piazzarsi e spiazzare tutti. Usa mezzi illeciti per arrivare al dirigente, sfruttando l’amicizia e la possibilità di frequentarsi fuori dal lavoro.

Si prende e pretende spazi che non sono suoi.

Sono arrabbiato perché i dirigenti danno a lei tutto l’ entourage che vuole. Questa qui può fare quello che vuole, con la piena approvazione del responsabile.

Mi confonde perché può rompere le regole e passarti avanti come meglio crede, come se fosse nel suo diritto, fregandosene degli altri.

Parla male degli altri alle spalle e quindi ti rendi conto che parla male anche di te quando non sei presente.

Senti sul corpo il fastidio che non puoi stare tranquillo quando c’è lei. Senti che non puoi fidarti. E’ capace di metterti contro colleghi e il dirigente. Nessuno può stare tranquillo.

Il suo arrivismo non ha limiti. E’ una grande manovratrice: sa lodarti in maniera spropositata e questo blocca il risentimento e la tua voglia di dissenso. Sa intrecciare e tessere amicizie.

Non sai più di chi puoi fidarti ancora.

Non capisce le regole dell’amicizia. Se cadi nella sua rete è capace di metterti contro tutti.

Usa mezzi diretti per arrivare alle gerarchie superiori. Siccome è molto abile a diventare amica dei ‘capi’, sfrutta senza pudore queste amicizie. Pur essendo io di grado più elevato, non rispetta la gerarchia e pretende anche quello che non gli è dovuto.

2) Cosa non ti piace di questa persona?

Non mi piace perché non puoi fidarti. Non mi piace perché ti comunica senza mezzi termini: ‘Io sono più competente di te, più capace e meglio di te. Tu sei inferiore, hai meno capacità di me’.’Io posso fare quello che voglio, senza rendere conto o dare spiegazioni a nessuno’.

Ha la mania di grandezza e di esagerazione.

3) Cosa vuoi che cambi questa persona? Cosa vuoi che faccia?

La prima cosa che voglio è il rispetto delle regole, il rispetto dei colleghi superiori di grado, di età e di esperienza. Che la smetta con quel senso di grandezza e superiorità. Che la smetta di instaurare rapporti diretti con i capi al lavoro e fuori dal lavoro. Che la smetta di andare tutti i giorni

all’ ufficio del capo. Che la smetta con” quell’ offerte di caffè”, gli incontri fuori, le cene, gli hobby in comune, solo per ingraziarsi gli altri.

3-1 Cosa dovrebbe o non dovrebbe fare, Come dovrebbe essere o comportarsi? Che consigli darle?

Psicologo a se stessiDovrebbe capire che quello che fa non serve a nulla. Siamo in un ambiente dove gli avanzamenti di carriera si fanno solo dopo concorso, i posti e i ruoli sono già stabiliti.

4) Hai bisogno che questa persona faccia cosa, per renderti felice?

Il rispetto delle regole. Deve stare al posto suo rispettando gli altri, rispettando la scala gerarchica, l’ esperienza e l’ anzianità di servizio.

Che la smetta di vantarsi e pavoneggiarsi in maniera così plateale.

Che la smetta di andare tutti i giorni a riferire tutto, a farsi dare lavori che spetterebbe ad altri e che la smetta da farsi da tramite nelle nostre comunicazioni col dirigente.

5) Che cosa pensi di questa persona? Fai una lista.

E’ un’ egoista, arrivista e menefreghista. Passa sopra gli altri e usa gli altri per arrivare ai suoi scopi. E’ una che se la crede in modo smisurato. Non ha regole. Critica il tuo lavoro. Non ha rispetto degli altri. Di lei non puoi fidarti, ti tradisce senza timore. Mette se stessa sempre al centro del mondo.

6) Quali esperienze non vuoi più avere con questa persona?

Non voglio più condividere il lavoro con lei. Con lei va bene un rapporto superficiale e nient’altro, non un rapporto di collaborazione.

L’indagine

Rispondi e rileggi tutte le frasi che hai scritto sul foglio di lavoro, poi indaga le frasi , una alla volta, chiedendoti:

1) E’ vero?

Certo che è vero! Il messaggio che ti trasmette è che tu sei piccolo, inferiore e inesistente.

Con lei avverti sul corpo un segnale preoccupante, un crampo allo stomaco,un segnale di pericolo. Il pericolo è che i dirigenti smettono di ritenerti un valido collaboratore, ma semplicemente passi nel dimenticatoio.

Fai il resoconto e osservi che tutti i tuoi studi, corsi di perfezionamento e aggiornamenti ora non servono più a niente, al rogo. La tua preparazione non vale nulla, vale solo chi sa scodinzolare davanti al capo.

Sono incazzato come una bestia. Scopro che mi comporto in maniera strana, siccome mi manca la considerazione, ho bisogno di approvazione come un bambino. Scopro che sto perdendo la stima di me stesso.

2) Puoi sapere con assoluta certezza che è vero?

Ragiono fra me e me: ‘il capo non mi considera? Ma chi se ne frega, posso vivere lo stesso. Cosa me ne faccio della considerazione di questi capi che perdono la testa di fronte ad uno sculettamento così evidente. Basta la mia considerazione e la considerazione di altri colleghi incazzati come me’.

Però non sono sufficienti queste auto-rassicurazioni.

Me ne accorgo al mattino: devo fare uno sforzo per venire al lavoro. Prima era diverso: prima dell’ arrivo di questa, il lavoro era un piacere, tutto come una famiglia, con i colleghi si scherzava, si rideva e si collaborava. Ora sembrano tutti preoccupati ed evitanti.

3) Come reagisci, cosa succede, quanto credi a quel pensiero?

Rifletto e analizzo questo stato di disagio. Il pensiero di pericolo è l’ essere messo da parte, la scarsa considerazione, l’ idea di fare da tappezzeria.

Mi rendo conto che questa situazione mi riporta al passato, il passato che ritorna. Situazioni scolastiche vissute male a causa dell’ insicurezza e timidezza. Mi ritornano in mente alcuni episodi delle scuole superiori. Ricordo uno degli eventi più dolorosi: il professore che aveva attenzioni e apprezzamento solo per coloro che parlavano e si mettevano in mostra, ma non aveva stima e quasi provava derisione e disprezzo per i ragazzi timidi, quelli che non non partecipavano alle discussioni, e facevano solo presenza perché non sapevano farsi valere.

Nel corso degli anni ho superato molti problemi, anche grazie ad uno psichiatra che mi prese in simpatia dopo un tentato suicidio.

Da allora ho capito che la società apprezza la persona brillante, il tipo estroverso anche incompetente o stupido, ma che sa mettersi in mostra. Non ho mai condiviso questa credenza generale, ma fatto è che funziona. Infatti l’ arrivo di questa donna ha messo in ombra tanti colleghi di carattere schivo e riservato, ma veramente in gamba nel loro lavoro.

4) Come sarebbe la tua vita senza questo pensiero?

Più gioiosa e divertente, più da compagnone, senza rabbia e incavolature per i richiami poco amichevoli (a differenza di prima in cui il dirigente era più amichevole).

Mi accetterei di più anche con le mie perplessità. Sarebbe divertente scoprire il mondo anche allegro e umoristico. Rassicurante.

5) Inversione o capovolgimento (RIGIRO)

Il rigiro è un’ inversione a 180°, ossia esattamente l’opposto. Se abbiamo usato l’affermazione:

Non voglio mai più / Mi rifiuto di…”, ora bisogna cambiare con “Sono disposto a…(collaborare)”, “Non vedo l’ora di…(rassicurarla)”.

L’ inversione o il rigiro si deve fare rigirando la frase riscrivendola.

Rigiro. Questa è l’ ultima arrivata. Non è facile entrare in un gruppo che funziona, che lavora e si conoscono da anni. E se è Lei stessa ad avere questi sentimenti di esclusione? Se il suo modo diretto è un modo goffo per ingraziarsi il gruppo? Se è lei stessa a temere di essere messa da parte e sentirsi esclusa?

Ho scritto: -“E’ un’ egoista, arrivista e menefreghista”.

RIGIRO

E’ generosa, collaboratrice e attenta.

-“Passa sopra gli altri e usa gli altri per arrivare ai suoi scopi”.

RIGIRO

Lavora con fervore ed è diretta.

E’ una che se la crede in modo smisurato. Non ha rispetto degli altri. Di lei non puoi fidarti, ti tradisce senza timore. Mette se stessa sempre al centro del mondo”.

RIGIRO

Osservando con occhi diversi, questa donna è molto presa dal suo impegno e dal suo modo deciso di farsi apprezzare

-Non ha regole. Critica il tuo lavoro. Non ha rispetto degli altri.

RIGIRO

Può essere un suo modo diretto di lavorare e di dare suggerimenti?

Questa donna dovrebbe essere gentile con me”, diventa: “ Io dovrei essere gentile con lei”.

Forse farei bene a rivedere ‘il mio passato che ritorna’ e a non entrare in ansia quando mi sento messo in disparte , come spesso mi succede (quando penso di far tappezzeria).

Il LAVORO svolto su questa situazione mi ha fatto riconsiderare il comportamento di questa donna. La considerazione di assenza di minaccia nei miei confronti ha fatto finire l’ansia e ha dato fiducia al suo modo di fare.

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Come nasce un DOC – Caso Clinico

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Come nasce e si evolve nella mente un DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo).                                                      Relazione finale di una psicoterapia del disturbo ossessivo risolta con successo.


Caso clinico.
Il paziente è Oreste, 42 anni, impiegato. Arrivato in terapia per cercare sollievo al suo Disturbo Ossessivo di natura aggressiva.

Illustrazione del caso

Oreste è sposato e padre di due figli. Circa sei mesi dopo la nascita della sua bambina, Oreste ha cominciato a soffrire di idee fisse, immagini intrusive e ossessioni. Presentava paura di perdere il controllo e fare male alla bambina.

Oreste pativa terribilmente per quello che gli stava accadendo. Riteneva che le immagini del DOC sono inaccettabili, perché in netto contrasto con la sua natura di persona garbata, educata e responsabile. Certi pensieri sono inaccettabili, perché è orgoglioso di avere questa famiglia e questi figli. Questi timori erano così assurdi che faceva del tutto per contrastarli.

Oreste accetta la terapia e i consigli di non ingaggiare una lotta frontale col DOC. Praticamente non deve cercare di scacciare certi pensieri, ma anche accettare la loro presenza, non averne paura e lasciarseli scivolare addosso.

Purtroppo questo disturbo colpisce là dove teniamo di più. L’ansia che ne scaturisce fa immaginare le peggiori conseguenze.

Un modo per alleviare la sofferenza del DOC è quello di rendersi conto che a tutte le persone passano per la mente pensieri cattivi e inaccettabili. L’ unica differenza è che le persone normali (senza DOC) quando hanno certi pensieri così assurdi se li lasciano scivolare fuori in maniera innocua, senza preoccuparsene.

Storia Personale

Oreste anche in passato aveva sofferto di immagini e pensieri ossessivi:

alla nascita del primo figlio fu tormentato da pensieri e paura perdere il controllo dell’ auto, di sbandare o sterzare contro le auto che procedevano in senso inverso.

Da giovane aveva sofferto di paura e fissazione di essere un omosessuale.

Durante l’ infanzia e l’ adolescenza, per parecchi anni fu oggetto di derisione, scherzi e bullismo da parte di ragazzi più grandi che approfittavano del suo carattere timido e impacciato.

La rigida educazione ricevuta dalla famiglia, in modo particolare dal padre, aveva complicato il normale percorso di crescita e autonomia.

Ora assisteremo ad una delle fasi più importanti della terapia. In questa seduta è stata possibile comprendere come si forma e come nasce un Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC).

Il paziente ci mostra un diario in cui riporta il suo problema di crescita e svincolo dalla famiglia d’origine.

Oreste:«Voglio narrare del passato, del mio passato: “La paura dell’autonomia”.

Il normale processo di pensare con la mia testa, rendermi autonomo e prendere iniziative veniva interamente contrastato.

Non sono stato incoraggiato, ma ostacolato, punito e scoraggiato da mio padre, che sempre mi ha considerato un bambino, o una persona incapace e insicura.

Ricordo con dispiacere le sue prese in giro, ogni volta che dicevo qualcosa; i suoi sfottò, le beffe e le le sue battute (Svegliati! Non comportarti come un frocio, come tuo zio!). Mio zio era una persona schernito da tutti, perché aveva comportamenti effeminati.

Quelle situazioni hanno piantato in me la convinzione che non dovevo mostrarmi debole. Non potevo prendere nemmeno iniziative, perché in qualsiasi modo mi comportavo mi beccavo sempre beffe e prese in giro.

Man mano mi rendevo conto e mi convincevo che anche una mia intraprendenza era considerata una ribellione nei suoi confronti. Ormai, in me c’era una specie di comando interno : ‘ogni iniziativa è vietata. I grandi si possono incazzare se agisco in maniera autonoma, se faccio di testa mia e la prendono come un’ opposizione nei loro confronti’.

Man mano che crescevo non sopportavo più questa situazione di obbedienza assoluta, senza poter fiatare o replicare. Dentro di me covavo tanta rabbia e impotenza.

Se provavo ad avere iniziative, se ero me stesso, se ero autonomo, se pensavo di testa mia, se non chiedevo più consigli o autorizzazioni, cominciavo a provare angoscia: sentivo come se loro potevano percepire i sentimenti negativi che covavo. Avevo tanta angoscia perché quel rifiuto mi sembrava che poteva significare desiderio di eliminazione. Era una cosa bruttissima, inaccettabile».

Per un bambino, secondo il linguaggio inconscio, avere sentimenti di eliminazione, può arrivare a significare desiderare di ‘togliere di mezzo’ quella situazione e quelle persone.

«Questa forse era l’ angoscia che vivevo: non sopportare più i rimproveri che ero un pappa molla, le strigliate e le prese in giro. Covavo rabbia, impotenza e rifiuto. Mi vergognavo e mi sentivo colpevole.

Era una cosa cattiva tentare di disubbidire, meglio assecondare. Se mi opponevo avevo angoscia, perchè mi sentivo solo e avevo paura di far male se ero solo, senza la protezione di un adulto’ ».

Man mano che Oreste cresceva viveva un conflitto: necessità di far vedere che non era un debole o un insicuro, contro la convinzione profonda della negatività di essere sicuro di sé, perché se diventava autonomo, se non chiedeva continuamente consigli sul da farsi, era come se desiderava fare a meno di lui. Il conflitto provocava un blocco sulle sue azioni, sul suo comportamento e, quindi, timidezza.

«Mi sembrava che non ascoltarlo, metterlo da parte, avere desiderio di essere libero, fare a meno di lui, acquistava significato negativo di metterlo da parte. Se facevo così subivo le conseguenze e i suoi ricatti.

Soffrivo e mi chiedevo: -Perchè mi devo sentire colpevole e vergognare di me stesso che non tollero le prese in giro?

Quello che voglio è che mi incoraggi in quello che faccio, o per lo meno non dica nulla e non mi canzoni sempre! Perchè mi sfotte per ogni cosa che dico? Ormai non so più come fare, cosa dire o come comportarmi! E’ meglio quando lui non c’è !!»

Terapeuta: “Oreste, ma volevi sopprimerlo? Eliminarlo?”

Oreste: «Non voglio intendere questo. Ma era una vita impossibile: sempre, anche nel corso degli anni successivi, appena dicevo qualcosa mi sfotteva. Se mi scopriva timido e taciturno mi rimproverava e mi faceva pesare la mia timidezza. Ero arrivato a odiare la mia insicurezza, ad osservarmi in tutto quello che facevo per dimostrargli che non ero ansioso, che non ero timido o insicuro.

Io avevo paura della mia ansia, ero ansioso della mia insicurezza e avevo paura di dimostrare paura».

Le ossessioni-mistero della mente umana«Ora sono un adulto ed ho una famiglia. Sono cresciuto psicologicamente Ma nonostante la psicoterapia che ho fatto e che mi ha aiutato ad acquistare più fiducia in me stesso, il rapporto con lui è molto migliorato, però c’è il genitore interno, il Super Io, che sta sempre lì ad osservarmi e a criticarmi.

Il genitore reale è tutt’ altra cosa. Ora i rapporti sono migliorati. Ho bisogno di lui, della sua esperienza, della sua presenza e affetto. Tuttora ammiro il suo modo di rapportarsi con gli altri e imparo da Lui come ci si comporta in certe circostanze.

Mi piacerebbe avere una sua rassicurazione, che non sto facendo male quando agisco di testa mia, quando sono una persona autonoma, che mi dicesse che sto facendo bene qualche volta; che non è arrabbiato se non l’ ascolto più, che non voglio più prendere sempre consigli; che non mi faccia pesare più che sono andato via di casa e che voglio bene a mia moglie (che non la pensa come mio padre ed è spesso in disaccordo con lui).

I sentimenti che provo è di fastidio, di risentimento. Però mi farebbe bene sapere che lui non è incazzato, che veda i miei risultati e che sto facendo bene. Non devo sentirmi colpevole se ho preso il volo e sono andato via di casa.

Sa una cosa dottore? Ho fatto gli esercizi di visualizzazione che mi ha consigliato. Ho immaginato mio padre che mi diceva: “ Di che ti preoccupi? Stai andando bene. Non ti manca niente!”

In seguito a queste visualizzazioni sono immediatamente scomparse le ossessioni!

E’ come se avessi pigiato un tasto.Vincere il disturbo ossessivo compulsivo Non ho più immagini ossessive!

Ora quando sto vicino alla bambina e qualche volta sento un po’ di ansia, è sufficiente che penso a mio padre che mi dice: “A te non manca nulla. Va bene come sei. Sono contento di te!”, allora mi passa l’ansia e quelle brutte immagini».

Oreste ora sta bene. Le sedute si sono diradate. Ci sentiamo di tanto in tanto.

Mi ha chiamato la scorsa settimana per un fatto nuovo, una ricaduta.

Ecco quanto mi ha detto: “Ieri stavo a casa, ero da solo, col cane. Ad un tratto ho realizzato che stavo da solo e mi è passato un pensiero terribile: di far male al cane.

Premetto che sono un animalista, che mi piacciono gli animali. Il mio cane è parte di me. Gli voglio un bene dell’ anima.

Mi sono spaventato. E’ tornata qualche brutta immagine, ma l’ ho eliminata con l’ immagine di mio padre che ho raccontato prima. Ero deluso di questa ricaduta,poi ho ripreso i procedimenti fatti con Lei in terapia ed ho cercato di capire il mio problema ossessivo.

Prima riflessione: ‘ Stavo da solo… Far male al mio cane… Che significa?

Dottore, forse significa che se sto solo posso far male a me stesso? Come quando da piccolo avevo paura di restare da solo allorquando mi trovavo senza una figura protettiva, e temevo di farmi male? Far male al mio cane è come far male a me stesso. … Se sto solo, senza una figura protettiva a fianco, posso ‘far male (agli altri)’ o mi posso far male. Questo è il passato che ritorna ?»

Considerazioni

Terapia Emdr
L’insicurezza e la timidezza di Oreste è facilmente comprensibile. Deriva dalla mancanza di incoraggiamenti, dai continui sfottò e prese in giro che impedivano l’ autostima, auto- accettazione e la conquista di una personalità autonoma e sicura.

Il senso di insicurezza agevolano la nascita di dubbi e incertezze. Nelle emozioni di Oreste c’era sconforto, rabbia e risentimento. La fragilità del carattere gli faceva temere paura di perdere il controllo..

La paura dell’ omosessualità sofferta in età giovanile derivava dalla obbligatorietà di dimostrare sicurezza, perchè suo padre considerava negativamente chi era debole, insicuro ed effeminato.

Per Oreste scoprirsi gay  alimentava il rischio di poter deludere gli altri. Non poteva permettersi di essere considerato diverso, fragile, debole, poco virile, una ‘checca o un ricchione’, come spesso lo apostrofava suo padre.

Questo può essere il motivo della fobia e DOC omosessuale.

Per questo disturbo, sofferto da 18 a 20 anni, Oreste aveva pensato seriamente al suicidio. La fortuna fu che scrisse una lettera ad uno psicologo. Questo professionista lo prese in cura gratuitamente e dopo un po’ di incontri cominciò a stare meglio.

Oreste mi riferisce di essere guarito dalla paura e dall’ ossessione dell’ omosessualità, dopo una domanda dello specialista: “Quanti rapporti omosessuali hai avuto?”

Terapia EmdrOreste: “Nessuno. A me piacciono le donne!!”- Con quelle frasi, dal carisma e dall’espressione rassicurante dello specialista si sentì fortemente confortato e non ebbe più dubbi sulla sua identità sessuale.

Il secondo episodio di sofferenza di Disturbo Ossessivo è avvenuto al momento della nascita del primo figlio.

Il disturbo si era manifestato sotto forma di ansie e paura di perdere il controllo. Il timore era di essere preso da un impulso improvviso, di perdere il controllo dell’ auto, e sterzare contro le macchine che sopravvenivano di fronte.

Aveva paura dei ponti per timore di impulsi improvvisi e buttarsi nel vuoto; paura dei viadotti e viaggi in autostrada.

Non ne ha sofferto molto, perche queste fobie potevano essere scansate, evitando di viaggiare sui ponti o in autostrada.

Questa è la differenza fra le fobie e le ossessioni: la fobia puoi evitarla, invece il DOC non puoi fuggirlo perché sei convinto che il pericolo è dentro di te.

Il DOC vero e proprio di Oreste è sorto in seguito ad un episodio avvenuto sei mesi dopo la nascita della bambina.

Si trovava da solo in casa. D’un tratto gli passò per la mente la paura che poteva perdere il controllo e colpirla con un pugno.

La sua convinzione era che lui stesso era un pericolo per la bambina; la sua mente si difendeva con l’aumento dell’attenzione, per paura di mollare il controllo.

Domanda

Con tali presupposti ci sono motivi per accendere un disturbo ossessivo in un uomo di 42 anni? Quale possono essere le cause e l’ origine ?

Possono essere i seguenti:

1) La negazione inconscia della crescita e dell’ autonomia.

L’autonomia si acquista quando si cresce e si diventa adulti. Il distacco avviene col lavoro, il matrimonio e la nascita dei figli.

Oreste ha sofferto il distacco. Si sentiva colpevole e insicuro di questo passaggio. A causa dell’educazione rigida ricevuta c’era la convinzione di incapacità, dubbi e paura di non essere capace, ‘paura di far male’ il suo compito di genitore, senso di colpa per l’abbandono dei consigli paterni.

La nascita dei figli segna la sua accettazione e fuga verso l’ autonomia, ritenuta poco gradita da suo padre.

Singolari comportamenti dei fumatoriGli esercizi di visualizzazione hanno creato il consenso paterno e reso possibile lo smantellamento del DOC.

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Pensieri cattivi nel disturbo Ossessivo-Compulsivo e nella depressione Post-Partum

Paura e Ossessione di essere Omosessuale

 

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Come calmarsi in caso di attacco di panico-Aggiornamento

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COME CALMARSI IN CASO DI ATTACCO DI PANICO

Questo articolo è dedicato a te che combatti ogni giorno con gli attacchi di panico.

E’ una specie di pronto soccorso. Sono consigli e compiti da seguire per vincere gli attacchi di panico.

Bisogna capire bene cos’è il panico e chi vi è predisposto.

il Disturbo di panico è caratterizzato da episodi di ansia intensa e pensieri catastrofici , caratterizzato da paura di morire, di avere un malanno, di svenire, paura di impazzire, di perdere il controllo, di fare qualcosa di sconveniente, da costante preoccupazione di un nuovo attacco e, a causa di questi, un consistente cambiamento dello stile di vita.

Chi soffre di attacchi di panico spesso ha la convinzione di se stesso come persona ansiosa, sensibile, emotiva, con tendenza ad angosciarsi e a preoccuparsi eccessivamente.

Molto spesso le persone ansiose e insicure hanno la tendenza a rispondere agli eventi stressanti con esagerate reazioni di allarme.

L’ attenzione di chi soffre di panico è costantemente rivolta alle sensazioni del corpo. Ogni reazione fisiologica avvertita sul corpo crea allarme perché valutata e sentita come un grave segnale di pericolo.

Impara a riconoscere i sintomi che temi di più.

Prendi carta e penna e fai una lista dei sintomi del panico.

Dai un punteggio da 1 a 5 per ciascuno dei sintomi riportati nella tua lista dei sintomi del panico.

– Quali sono le paure con punteggio più elevato?

-Temi la palpitazioni?

-Temi l’affanno, il respiro difficoltoso ? Il respiro veloce?

Temi le vertigini ?

Per superare il problema del panico bisogna individuare con chiarezza quali sono le paure fondamentali che reggono il problema.

Bisogna imparare a calmarsi.

Imparare a calmarsi non significa rilassarsi, ma la prima cosa da fare è ridurre rapidamente lo stato di agitazione imparando a sdrammatizzare rapidamente lo stato ansioso.

Riduzione dello strato di allarme.

Come fare per uscire da uno stato di ansia elevata o panico?

Apprendere a calmarsi significa attenuare l’ansia e a togliersi da uno stato di panico.

Bisogna comprendere che l’ ansia è generata dalla mente perché ha immaginato una conseguenza catastrofica: ad esempio,pericolo di morire d’ infarto, paura di impazzire, paura di svenire, di soffocare, paure di condotte asociali, ecc.

Per placare lo stato di agitazione è necessario fare alcuni esercizi. Bisogna imparare alcune metodiche basate sulla respirazione e sulla focalizzazione dell’attenzione.

Questi devono essere ripetuti diverse volte durante la giornata, anche solo per alcuni secondi, per essere pronti, capaci ed efficaci quando arriva l’ ansia.

Bisogna iniziare ad esercitarsi nei momenti di calma, per essere pronti ed allenati quando arriva la tempesta e nei momenti difficili.

CREARE LA CALMA con esercizi di respirazione LENTI E CONTROLLATI.

Bisogna concentrarsi sul respiro e riportare la mente all’esercizio quanto questa divaga.

1) Respirazione lenta e controllata

Questo non è un esercizio di respirazione, ma una pratica di attenzione sul respiro.

Trova un momento di tranquillità e un luogo dove non sei disturbata/o.

Siediti su una sedia, con schiena ritta e piedi ben piantati sul pavimento,

Comincia a sentire il contatto dei piedi sul pavimento e il contatto della schiena con la sedia.

Comincia a inspirare e a immettere aria dentro i polmoni.

Immagina il percorso dell’ aria che va a riempire per primo la parte bassa dei polmoni (diaframma), poi la parte centrale e infine la parte superiore .

Trattieni il respiro per tre secondi .

Ora lascia andare via lentamente l’aria dai polmoni. Prima la parte alta, poi quella centrale e infine la parte bassa dei polmoni.

Rimani ferma/o qualche secondo in questo atteggiamento.

E’ essenziale respirare lentamente. Se percepisci un senso di vertigini vuol dire che stai respirando in modo veloce. Allora devi rallentare il ritmo del respiro.

 

Questo esercizio più che una pratica di respirazione serve a dirigere la nostra attenzione al processo del respiro .

Purtroppo l’attenzione verrà molte volte afferrata e portata via dalla paura. Non preoccuparti di queste deviazioni, bisogna solo notare che la mente è in altro luogo, e riportare l’attenzione al respiro.

Ogni volta che ti accorgi che l’ attenzione è altrove, riportala su queste parti del corpo.

Attenzione, bisogna esercitarsi con cura, in questo modo, se siamo allenati, riuscirà più facile sottrarre l’ attenzione al panico.

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-Rilasciare i muscoli.

Per convincere il corpo e la mente che non ci sono pericoli imminenti, è molto utile apprendere a sentire le tensioni del corpo e cercare di rilasciarle.

Un corpo senza tensioni rassicura la mente e sgonfia lo stato emotivo.

L’addestramento al rilascio dei muscoli parte dalla percezione della tensione corporea ( o della percezione di alcune parti del corpo che di solito sono in tensione).

E se non sappiamo quali sono?

Per trovarli si parte con una procedura di contrazione e poi di rilascio. Tre secondi di contrattura, si rilascia quella parte corporea e si nota la differenza della tensione e della contrazione.

Si parte dagli arti inferiori: Tre secondi di tensione e poi di colpo si rilassa. Si deve notare la differenza fra tensione e distensione.

Prima la parte destra e poi quella sinistra del corpo. Prima il piede, poi si passa alla gamba e poi alla coscia.

Lo scopo dell’ esercizio è quella di acquisire la capacità di percezione della tensione, in modo da saper riconoscere le parti tese del corpo, e poi, con un atto di volontà farli rilassare.

Dagli arti inferiori si lavora e si sale verso la schiena, il collo, le spalle, le braccia, il petto, lo stomaco, la pancia e la testa.

Quando si è in ansia i muscoli entrano in tensione: siamo tesi.

Mentre si fa l’ esercizio di respirazione, è utile riconoscere anche la tensione muscolare e avere la capacità di rilasciarla.

Eliminando la tensione muscolare si toglie alla mente la possibilità di comunicare al corpo l’ansia e la paura.

Ecco quello che si deve fare per calmarsi in caso di attacco di panico

I prossimi esercizi devono essere eseguiti ai primi segni di ansia.

Non perderti d’animo di fronte ai primi segni di ansia

La mente cercherà in tutte le maniere di pensare ai sintomi dell’ ansia e correre verso i pensieri catastrofici. Non ci preoccupiamo di questo.

Noi dobbiamo semplicemente renderci conto di questo e riportare l’attenzione al respiro.

Ogni volta che la mente si volge verso i pensieri catastrofici, il nostro compito è quello di riportare l’ attenzione al respiro.

Continuare per tutto il tempo necessario. Senza scoraggiarsi. Senza pensare che non serve, oppure che è tutto inutile. All’ inizio è difficile, ma il risultato non si farà attendere.

E se l’ansia arriva mentre siamo impegnati in altre faccende, come si fanno gli esercizi?

Per calmarci quando si sta facendo qualcosa, come ad esempio durante la guida, allarghiamo il campo dell’ attenzione anche a quello che stiamo facendo.

Porta l’ attenzione al respiro e l’attenzione alla guida dell’ auto o altre cose che stiamo facendo.

Se affiorano nuovamente pensieri brutti, notare il loro emergere, ma riportare nuovamente l’ attenzione al respiro e a quello che si sta facendo.

Non bisogna combattere, cercare di scacciare i pensieri o lottare con i pensieri. Si deve solo notare il loro affiorare e la loro scomparsa.

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Contrastare le convinzioni negative

Bisogna comprendere che spesso l’ansia , la paura di ciò che può accadere sono solo pensieri causati da momenti di stress, dal timore di non avere risorse, da errate credenze che ci portiamo dall’ infanzia e dai tentativi inutili e sbagliati di evitare certe situazioni.

Devi cominciare a lavorare anche da sola/o a riconoscere i pensieri e le convinzioni erronee e irrazionali e sostituirle con altre più adattive.

I soggetti sofferenti di attacchi di panico sono convinti che quei pensieri e paure sono importanti e inaccettabili. Per questo cercano di sopprimerli e ad evitare a tutti i costi quelle situazioni.

Per identificare le peggiori conseguenze immaginate il soggetto deve valutare la ‘Probabilità effettiva del pericolo’ , se è ha prove reali, o se è solo frutto delle sue credenze errate

Metodologia A-B-C-D-E

Puoi aumentare la tua capacità aumentare la tua efficacia di affrontare questo problema se impari a:

-Sviluppare un atteggiamento più ottimista.

-Se impari a neutralizzare i pensieri negativi.

-Se sai sgretolare le convinzioni limitanti.

-Se fai accrescere la fiducia.

Affronta il tuo problema secondo la metodologia A-B-C-D-E

(Antececedents)= Analisi dell’evento scatenante, le circostanze che hanno dato origine ai pensieri negativi, preoccupanti e limitanti.

Ripensa ad un evento che ha scatenato la tua ansia e paura. Ricorda dove è successo, come si è presentato il problema, chi era presente, quando è avvenuto e cosa hai pensato. Bisogna essere chiari e specifici.

B (Behavior)= Definizione del proprio sistema di convincimenti intorno al problema: come interpreti il problema, come lo valuti e quali sono i pensieri negativi che hanno scatenato le emozioni. Le persone pessimiste e catastrofiste tendono a pensare che i loro disturbi sono gravi, i loro timori sono reali e gli esiti ritenuti pericolosi, incontrollabili e funesti.

Al contrario le persone ottimiste sono portate a credere che queste seccature sono temporanee, controllabili, non fatali e dovuti all’ ansia.

C (Consequences)=Conseguenze emotive e comportamentali

D (Desputes)= Disputa e confutazione delle convinzioni irrazionali.

4 tecniche
1) Evidenze contrarie. Es: Chissà quante volte ho avuto queste situazioni . I medici ,gli specialisti e l’esito rele della situazione hanno disconfermato la pericolosità, le mie previsioni e credenze negative.

2) Alternative. Avere altri attacchi d’ ansia non significa che saranno tutti al massimo grado di intensità. I disagi dati dall’ ansia non sono permanenti e senza vie d’uscita.

3) Implicazioni. Tante volte sono le nostre convinzioni ad essere esagerate e completamente distorte rispetto ai fatti reali. Evitare di fare sempre una catastrofe. Attenersi al fatto reale.

4) Cambiamenti. A volte non si tengono conto dei consigli, suggerimenti ed esercizi perché si pensa che servono poco. Invece bisogna pensare: ‘Posso praticare una tecnica di respirazione dopo un evento stressante’, ‘posso controbattere e contrappormi ai pensieri negativi.

5) Effetti. Prendere nota dei cambiamenti positivi e dei miglioramenti generati da questo processo. Constatare i miglioramenti e minimizzare le ricadute.

In questo modo si tocca con mano il progresso, guadagnando fiducia ed energia.

E se nonostante tutto non riusciamo a tranquillizzarci?

-Hai fatto realmente gli esercizi così come consigliato?

Sei realmente convinta/o che sono utili questi esercizi?

Mi sono allenata/o nella esecuzione di questi esercizi per un tempo sufficiente ?

Spesso si pensa che non abbiamo tempo; che non abbiamo realmente capito come devono essere fatti; che li abbiamo fatti in maniera frettolosa e superficiale; oppure abbiamo ascoltato persone che ci hanno dissuasi.

Gli esercizi sono utili e necessari per il nostro scopo. Non cerchiamo scuse, ma adottiamo maggiore convinzione e impegno sia come preparazione, sia durante gli attacchi dell’ ansia e del panico.

Esposizione alle situazioni che temi

Affrontare eventi e situazioni temute è fondamentale nella terapia del panico e delle fobie. Non serve a nulla sapere tutto in teoria, ma solo con l’ esposizione e l’ affrontamento si vince sulle paure.

Alcune sensazioni li conosciamo come segno di inizio di un attacco di panico. Ad esempio: le palpitazioni, senso di fame d’aria,vertigini, sbandamenti o confusioni, sensazione di calore, suoni ovattati o rimbombi, tremore, ecc. ecc.

Può anche capitare che senti una certa sensazione ad una parte del corpo, ad esempio senti uno strano prurito, se ti limiti ad interpretarlo solo come un prurito, ti dai una grattata e finisce tutto.

Se invece lasci libera la mente a pensare che quel prurito può essere un sintomo di una qualche grave malattia, viene l’ ansia e in seguito il panico.

E’ questo convincimento che va a creare un attacco di panico.

Buona guarigione!            

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Come Fermare Un Disturbo Ossessivo.Caso Clinico.

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Come fermare un disturbo ossessivo compulsivo.

Caso clinico di Rickie

Questo articolo espone la guarigione di un giovane affetto da un disturbo fobico-ossessivo.

Vincere il disturbo ossessivo compulsivoL’articolo è interessante perché parte dal presupposto che perfino un disturbo serio come un problema ossessivo può essere guarito qualora si riesce a trovare l’ interruttore che spegne i motivi che fanno nascere e alimentano il disturbo ossessivo.

Caso Clinico

Rickie è un giovane di 19 anni. Ha richiesto l’intervento terapeutico a causa dell’ ansia, malessere e disturbi psicologici di natura sessuale di cui è sofferente da un po’di tempo.

Riferisce di avere idee fisse, pensieri, immagini intrusive e fuori controllo, molto difficili da fermare. Seriamente preoccupato soprattutto per l’impotenza virile e la paura di non avere erezione, dubbi di non essere attratto dalle donne, timore di non riuscire più con loro e difficoltà ad avere rapporti con la sua attuale ragazza.

Dichiara di provare immagini di molestie sessuali a bambini, immagini oscene e irriverenti verso donne adulte e impegnate, dubbi sulla sua identità sessuale e paura dell’ omosessualità.

Immagini irrispettose e blasfeme di figure religiose e demoniache alimentavano la paura e la sensazione di perdita di controllo.

Le idee e le immagini che si addensavano nella sua mente erano,quindi, di natura sessuale.   

Vincere il disturbo ossessivo compulsivoI problemi di Rickie sono apparsi immediatamente gravi,numerosi e irrisolvibili.

Il giovane era costantemente in stato di allarme, agitato e in tensione. Sentiva che ovunque volgeva lo sguardo scattava un’ immagine malvagia e blasfema, del tutto contrario a come lui credeva di essere.

Rickie riferiva che se il suo sguardo si posava su una donna (anche della sua famiglia), la sua televisione mentale gli mostrava un atto indecente.

-Se guardava una bambina scattavano immagini intrusive, oscene e inaccettabili.    

-Se il suo sguardo si posava sugli  uomini, ecco che giungevano inaspettatamente immagini omosessuali.

-Pregava spesso per avere un aiuto per uscire da questo stato, ma quando  pensava di stare in chiesa arrivavano immagini di sesso con le figure sacre.

La sua vita era un caos, un inferno: stressante e faticosa. Soffriva di ansie, dolori alla testa, amnesie e insonnia.                                                                                                            Riusciva a distrarsi solo nei momenti più caotici durante il suo lavoro di cameriere.

Questa situazione era iniziata da tre anni, da quando era finita una tormentata storia sentimentale con una ragazza. Una storia difficile e impossibile perché la ragazza non era facile da trattare. Una tipa imprevedibile, irascibile, con reazioni emotive esagerate e difficili da anticipare. Una storia che funzionava solo a livello sessuale.

Come funziona la patologia

Rickie ha una personalità ossessiva. Le persone con tale struttura di personalità sono perfezioniste, non sopportano i dubbi e le incertezze, ragionano in maniera ‘tutto o nulla’, ‘0 – 100’, completamente bianco o completamente nero, senza una scala di grigio intermedia.                                                                                                     Nel caso della personalità di questo giovane questa struttura di personalità portava a pensieri del tipo:

“Desidero essere ‘un uomo’. Se desidero le donne, ho desiderio di loro,ho attrazione sessuale ed ho erezioni  del pene solo allora sono un uomo vero”.                                                                                                  

“Se ho l’erezione e ho rapporti sessuali completi allora sono un vero uomo”.                                              

“Se ho dubbi e incertezze vuol dire che posso essere pedofilo, omosessuale o depravato”.                                                                                                                “Tutto questo non posso accettarlo!

Cosa significa

Il chiodo fisso di Rickie era ‘Io non posso fallire’. Purtroppo la paura del fallimento  alimentava l’ impotenza.

Per vincere tutti timori sulla sua identità, problema di base di tutta questa florida sintomatologia ossessiva, per lui era indispensabile avere al più presto rapporti con le donne.

Ai fini terapeutici, se vogliamo arrivare al pulsante di STOP, non bisogna rivolgere l’attenzione solo ai sintomi e cercare di fermarli. E’ un lavoro arduo,  perché questi rappresentano delle difese. Bisogna lavorare sulla sorgente del problema e limitare il carburante che alimenta il fuoco ossessivo.

Le regole profonde e le convinzioni distorte dell’ inconscio di questo giovane erano: “Se non ho rapporti con le donne vuol dire che non le desidero, quindi sono omosessuale, sono un pedofilo, sono un depravato. IO NON POSSO ACCETTARLO!”.

La mente creava in maniera ossessiva immagini delle conseguenze che sarebbero accadute se non aveva rapporti completi e non diventava un vero uomo. La mente operava nei termini: “Ecco quello che ti succede se…!

Certo, non piace a nessuno considerarsi un pedofilo o un depravato.  Una personalità ossessiva che non tollera dubbi, che pensa in ‘maniera tutto o nulla’, che opera in maniera perfezionista, ogni incertezza vuole dire ‘non sono al sicuro’. “Ho i dubbi? Non sono sicuro sulla mia identità sessuale?  Allora posso essere anche quello che temo di più (un pedofilo,un depravato, un omosessuale)’.

Soluzione

La maniera appropriata per aiutare Rickie è stata trovata in tre soluzioni:

  • Mitigare l’ansia e l’ emotività con EMDR e Tecniche di Integrazione Emisferiche.

L’ utilizzo della tecnica di EMDR  ha desesinbilizzato  il trauma vissuto nel rapporto negativo con la prima ragazza.

Le tecniche di Integrazione Emisferiche sono servite a riequilibrare e a sincronizzare gli emisferi cerebrali. Nel caso di forte emotività queste tecniche sono utili perché riequilibrando  e sincronizzando l’emisfero destro e l’emisfero sinistro fanno abbassare il livello dell’emotività e incrementa la capacità di ragionamento.

  • Trasformare le pretese della personalità ossessiva.

Non ricercare a tutti i costi  la perfezione, ma imparare a convivere con gli errori , le imperfezioni , i dubbi e le incertezze. Questa è la fase risolutiva del disturbo.La terapia fa un salto nella storia personale, alla ricerca dei motivi, trasformazioni e cambiamenti delle situazioni che hanno portato a questa realtà.

  • La terza soluzione, la risolutiva, è stata quella di affrontare superare la fobia dei rapporti sessuali e la paura dell’ impotenza.  

Non è stato facile convincere Rickie ad avere fiducia. Per fortuna la sua ragazza da tempo si mostrava disponibile e non capiva le reticenze, le scuse e le cautele del giovane. Rickie temeva l’ insuccesso perché avrebbe dato conferma alle sue paure e ossessioni.

Era necessario aggirare la paura ed eludere il super controllo della coscienza. Rickie ha ingannato la sua mente. Ha vinto la paura  del rapporto imbrogliando il controllo con un gioco, con un ‘incontro’ di lotta libera con la sua ragazza.

Sono stati sufficienti alcuni amplessi per ridare tutta la fiducia al giovane.

Questi successi sono stati utili ad eliminare dubbi sulla sua identità sessuale e sulla paura della perversione e diversità.

Rickie ha iniziato a diradare le sedute. L’ultima volta mi ha chiamato per un aperitivo ad un bar. Era raggiante e  allegro.

Ho cercato di limitare il suo entusiasmo, a non illudersi velocemente.

Ci siamo dati appuntamento per un controllo tra un mese.

Conclusione


Vincere il disturbo ossessivo compulsivoEsiste il modo per operare su questo disturbo. Bisogna evitare lo scontro frontale con la sintomatologia e ricercare i motivi e i timori   profondi che causano il sintomo ossessivo.Esiste un interruttore che può spegnere i motivi che fanno nascere e alimentano il disturbo ossessivo.  Bisogna sapere dove trovarlo.

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Vincere il disturbo Ossessivo compulsivo

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Consigli e strategie per dominare il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)

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Consigli e strategie per gestire il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)

Propongo una serie di consigli da mettere in atto per affrontare le difficoltà quotidiane derivanti da un disturbo altamente invalidante come la sindrome ossessiva-compulsiva.

E’ importante precisare che si tratta di consigli che non risolvono il problema ossessivo, ma possono aiutare ad “alleviare” le sofferenze provocate da questo disturbo, adatti alla persona sofferente di DOC e  a dare suggerimenti alla famiglia.

Molte persone hanno credenze strane o”bizzarre”, o piccoli rituali ai quali si affidano nei momenti difficili o quando la realtà appare imprevedibile. Sono azioni che non preoccupano e che si può fare a meno senza soffrirne.

Quando il problema, i pensieri, l’eccessivo perfezionismo, i rituali e le azioni sono compulsivi (ossia costrittivi, cioè che bisogna, eseguire altrimenti si sta male), questi possono finire di compromettere quasi totalmente la vita del malato e le persone che gli vivono accanto.

CONSIGLI PER LA PERSONA

– “Evitare di evitare”

Capita frequentemente che i rituali messi in atto dalla persona con disturbo ossessivo-compulsivo possono arrivare ad essere altamente estenuanti, faticosi e distruttivi.

Molti persone con disturbo ossessivo sono estremamente meticolose e precise. Controllano quello che fanno più di una volta e sono spesso insicuri di aver fatto bene.

Il loro timore è l’ indecisione. Queste persone hanno paura di non aver fatto bene, per questo motivo sono ecccessivamente perfezionisti; spendono tempo ed eccessiva fatica in quello che fanno, portando, non solo se stessi, ma anche altri all’ esasperazione.

In queste condizioni il soggetto è ossessionato nella mente e nelle azioni.Vorrebbe evitare le situazioni che attivano le compulsioni, ma è costretto ad eseguirle.

Il primo consiglio è il seguente:

Nonostante l’ipercontrollo o l’evitamento produce una sensazione di immediato sollievo, è importante iniziare a pensare che evitare, contribuisce ad alimentare il problema stesso.

Inizia a pensare che la compulsione non è il vero problema, ti fa solo diminuire momentaneamente l’ansia. Esegui i controlli e i rituali se ti danno sicurezza, ma il significato è un altro. Voglio dire che se sei costretto a fare controlli, a lavarti compulsivamente, ad evitare una certa azione, o altro, non succede nulla se lo fai o non lo fai, perché questo è solo una comunicazione del tuo inconscio.

Ma ogni qualvolta che ti ritrovi ad immaginare un evento minaccioso, se pensi che devi fare qualcosa per evitarla,  a cercare di evitarla o contrastarla, non fai altro che incrementare, a lungo termine, la tua  ansia e il tuo problema.

Mi puoi chiedere: ‘Ma allora cosa devo fare, come mi devo comportare?’

Dal momento che il sintomo è un segnale, come risposta puoi accentuarlo, aumentare la compulsione a dismisura, fino a banalizzarla. Ad esempio: prima di uscire controlli più di una volta  se hai chiuso il gas, le porte, le finestre? Adesso aumenta l’azione di proposito, 5 volte, 10 volte o quanto ti pare. Non ti preoccupare per le conseguenze. Si sono avuti casi di eliminazione del sintomo, proprio con queste metodologie.

Ricorda, l’ansia fa immaginare sempre le conseguenze più brutte di quello che può accadere. Il problema ossessivo si mantiene proprio perchè si vanno a pensare e ad immaginare le conseguenze più disastrose.  Non concentrarti su queste conseguenze: rispondi al tuo inconscio che hai capito il messaggio e cerca qualcuno per farti aiutare.

-Fai un diario

– Metti nero su bianco: se hai dei dubbi rispetto ad un gesto compiuto (per esempio: “ho chiuso la manopola del gas?”; “Ho controllato che a casa sia tutto ordinato?”) o ancora, su un pensiero (“ho fatto del male a qualcuno?”), prendi carta e penna e scrivi quello che ti succede: ‘come con chi,quando e dove’ viene indotta la sintomatologia.

Ricerca e scrivi i tuoi pensieri automatici, ossia quei pensieri  subconsci che fai fra te e te e che a volte non sei nemmeno cosciente di averli. Riporta le emozioni e lo stato d’animo e cerca di ricordare e attraverso queste emozioni cerca di risalire a quando li hai avuti in modo simile nel passato.

La scrittura se usata al momento opportuno può dimostrarsi un’utile alleato terapeutico.

Quasi sempre i comportamenti, le emozioni, le regole e i copioni che si ripetono sono sepolti nell’ inconscio, provenienti da un’infanzia infelice, che ha causato  paura di perdere il controllo e bassa autostima

 

CONSIGLI PER LA FAMIGLIA

 Evitare spiegazioni

Vivere con una persona con disturbo ossessivo-Compulsivo non è facile.

Il loro perfezionismo e la necessità dei rituali è esasperante e difficile. Ma è’ inutile tentare di spiegare al proprio familiare l’infondatezza e l’irrazionalità delle ossessioni e delle compulsioni. Fare questo contribuisce ad incrementare il disturbo della persona, anzichè  creare un generale clima di sfiducia.

E’ consigliabile, evitare di cercare di spiegare, far capire o convincere “razionalmente” la persona.

 Evitare di  accusare e colpevolizzare

Capita frequentemente per i familiari di trovarsi coinvolti nell’esecuzione dei rituali di comportamento della persona con DOC.

E’ molto più utile, dunque, sospendere ed evitare qualsiasi tipo di aiuto nella esecuzione dei rituali ma rassicurare dicendo che non cadrà nulla di terribile.

Nel contempo, non colpevolizzare e non accusare di mancanza di volontà il familiare, facendolo sentire, in questo modo, “diverso”,

– Valorizzare ogni piccolo cambiamento

Le Ossessioni e le compulsioni rappresentano due caratteristiche che molto spesso finiscono col radicarsi profondamente nella vita della persona. La conseguenza è uno stato consistente di scoraggiamento e depressione.

Il tentativo di cambiare, eliminare e risolvere il problema può risultare difficile e lento. Per questo motivo è fondamentale che i familiari sostengano la persona, rassicurando, evidenziando e valorizzando ogni cambiamento positivi.

 E’ molto utile incoraggiare la persona a cercare aiuto di uno specialista del disturbo ossessivo e sostenerla nei “normali” periodi di ricaduta.

Leggi anche:

Come vincere il disturbo ossessivo

Il disturbo Ossessivo-Compulsivo

Come superare un disturbo fobico-ossessivo

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Paura e ossessione di essere lesbica

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Paura e ossessione di essere lesbica: sintomi e cura

La paura di essere lesbica è una delle modalità espressive del DOC omosessuale.

Costituisce una delle tante tipologie di manifestazioni del disturbo ossessivo compulsivo.  In genere, la paura di poter essere lesbica assume la forma di pensieri intrusivi, immagini saffiche, dubbi sulla propria identità di genere e sensazioni fisiche.

Si accompagnano a sentimenti di ansia, angoscia, sensi di colpa, vergogna, depressione e valutazione di se stesse come riprovevoli ed immorali.

In genere, nella donna l’ inizio del DOC omosessuale può avere inizio in adolescenza e spesso si associa ad eventi casuali.

Lo spunto può essere,per esempio, la visione di una scena lesbo di  un film, oppure venire a conoscenza di conoscenti o donne famose che si dichiarano lesbiche,  oppure  la visione  di donne  in atteggiamenti intimi, etc. Questi fatti se accadono in un certo momento di stress o di fragilità possono innescare il dubbio sulla propria identità di genere.

Spesso, sulla scorta dell’evento attivante,  la vittima inizia a porsi domande di questo tipo: “ E’ se mi piacessero le donne? …Sono lesbica? Se mi vengono in mente questi pensieri vuol dire che “inconsciamente” sono lesbica?”.

Lpaura di poter essere lesbica è sempre accompagnato da un forte stato di disagio.

Per attenuare lo stato di angoscia la persona intraprende tutta una serie di strategie finalizzate a rassicurarsi rispetto al dubbio di poter essere lesbica, con dispendio di tempo e fatica.

Il pensiero ossessivo può essere innescato da eventi esterni o da “stimoli interni”.

La paura di essere  lesbica  può nascere anche in seguito ad uno stimolo che avvia il dubbio circa la propria identità sessuale come ad esempio, la vista casuale  di una bella ragazza, o una performance” sessuale insoddisfacente con un uomo, o una momentanea diminuzione dell’ attrazione per un uomo, che viene interpretata come una prova della propria omosessualità.

Per una ragazza sofferente di dubbi omosessuali, un periodo di intenso stress può rappresentare uno stimolo interno a questa forma di  DOC. In queste condizioni se c’è predisposizione ad disturbo ossessivo, se casualmente si sofferma a “fissare” un altra donna, questo semplice fatto può innescare  le seguenti valutazioni:  

Se l’ho guardata allora vuol dire che mi piace; se mi piace allora vuol dire che sono lesbica… essere lesbica  è qualcosa che non riesco assolutamente ad accettare… sarebbe un dramma.

A queste valutazioni seguono elevati livelli di ansia  e tentativi di alleviarla attraverso compulsioni e/o richieste di rassicurazioni, finalizzate a disconfermare il rischio intollerabile di essere  lesbica.

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Le compulsioni finalizzate a neutralizzare l’ansia di poter essere lesbica,  possono assumere varie modalità ma, in genere, si basano su ripetuti test controlli.

Chi è affetto di paura del DOC non accetta il minimo rischio ed ha quindi bisogno dell’assoluta certezza circa la propria identità sessuale. Il bisogno di sicurezza costituisce uno dei fattori principali  che pianifica il disturbo ossessivo compulsivo.

Una donna con il dubbio ossessivo di essere lesbica può mettere in  atto i seguenti rituali: può osservare accuratamente il suo corpo alla ricerca di sensazioni di eccitazione sessuale.

Anche sensazioni generiche, generate dall’ansia, se presenti, confermano l’allarme: “ Sento eccitazione guardando una donna… allora sono davvero lesbica. Questo non posso accettarlo!”, oppure “non provo nessuna eccitazione guardando donne … allora  sono eterosessuale”.

Spesso queste ricerche di rassicurazioni durano diverso tempo, assorbendo la persona in elaborazioni mentali interminabili e stressanti.

La donna in questione per finalità rassicuratorie, può ripercorrere la propria storia sessuale. Il suo dialogo interno sarà il seguente: “Sono sempre stata attratta da uomini… ho avuto rapporti sessuali solo con uomini quindi non sono lesbica”…

Può appigliarsi a teorie varie: “lesbiche si nasce…oppure si diventa in tenera età”.

Molto spesso le persone affette da doc sessuale passano parecchio tempo su internet alla ricerca di notizie che possono tranquillizzarle, anche se spesso l’effetto che ottiene è un incremento del dubbio.

Se provo piacere a far sesso con gli uomini allora non sono lesbica… al contrario, se non ho voglia o provo poco piacere vuol dire che c’è qualcosa che non va…allora sono lesbica”.

Spesso i rapporti con l’altro sesso vengono vissuti come test della propria identità di genere e quindi vengono iper investiti, non come forma di piacere ma prende funzioni diverse e più importanti. L’iperinvestimento della prestazione genera una marcata ansia anticipatoria che, a circolo vizioso, può disturbare la prestazione alimentando e/o confermando i dubbi circa il proprio lesbismo.

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In sostanza,  i rapporti sessuali con l’altro sesso non vengono vissuti con serenità ma in funzione di conferme o  disconferme.

Non è raro, infatti,  che, durante i rapporti,  queste persone siano completamente assorbiti dai propri dubbi,  perdendo di vista le necessità del partner.

In questa forma di disturbo ossessivo, il sesso spesso perde il suo valore gratificante per assumere il ruolo di  test. In queste condizioni un normale calo del desiderio o una prestazione non valutata all’altezza (  gli standard possono essere molto elevati) vengono inevitabilmente associate al dubbio di essere lesbica, escludendo altre ipotesi alternative quali possono essere lo stress, la stanchezza o altre condizioni fisiologiche.

Spesso, le persone con ossessioni sessuali evitano posti o situazioni ritenuti “ambigui” (palestre, saune, locali particolari, piscine etc.) per la paura di doversi confrontare con i propri dubbi.

Un aspetto significativo dell’ossessione di poter essere lesbica è che viene valutato e immaginato come qualcosa di assolutamente inaccettabile, invivibile, intollerabile.

Un giudizio che non viene espletato dalle persone realmente omosessuali. I veri omosessuali non hanno difficoltà ad accertarsi tali, il loro disagio deriva solo della nomea negativa della società.

Alle domande dello psicoterapeuta: “cosa cambierebbe nella tua vita se dovessi scoprire di essere lesbica”? Cosa ci sarebbe di cosi insopportabile? Come immagini la tua vita da lesbica, sarebbe davvero cosi terribile?”, le persona manifestano una scarsa conoscenza degli effetti della minaccia,  una specie di “buco nero”  non rappresentabile ma da evitare a tutti i costi.

Con il procedere della psicoterapia, questo scenario ombra, pian piano, acquista significato rispetto a particolari convinzioni,apprendimenti, eventi sensibilizzanti, ed esperienze, che hanno strutturato la “ credenza” personale della drammaticità dell’essere lesbiche.

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Per quanto concerne la cura,  gli studi di efficacia hanno dimostrato che la psicoterapia cognitivo comportamentale, da sola o associata ai farmaci,  è considerata il trattamento d’elezione per il disturbo ossessivo compulsivo.

Fondamentale, ai fini della cura, risulta la ristrutturazione delle “credenze” ( come si sono formate? da chi sono state inculcate?  da quali esperienze sono state confermate? etc.)  che fanno percepire l’essere lesbica come “la fine del mondo”.

Spesso le persone con questo tipo di DOC  manifestano una profonda paura per la critica, il rimprovero,  il disprezzo, l’umiliazione che minacciano la loro rappresentazione di persone accettate e degne di essere amate.

In questo senso, la psicoterapia ha il compito di ridefinire l’autostima del soggetto al fine di ridurre l’impatto che il giudizio degli altri ( fattore di vulnerabilità) ha sulla propria auto-accettazione e autostima.

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Ossessione di essere omosessuale

 

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Come smettere con le Slot Machine e ‘Gratta e Vinci’

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Slot Machine,Gratta e Vinci e giochi d’azzardo. Cosa fare per allontanarli.

Dipendenza dai giochi d'azzardo                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           

Slot Machine,’Gratta e Vinci’,lotto, superenalotto e biglietti di Lotterie vendono sogni e speranze.

Ti sei mai chiesto perché   i ‘Gratta e Vinci’attraggono così tanto?

In questo articolo scopriremo i motivi segreti per cui alcune persone non riescono a fermarsi a fare puntate alle Slot Machine, nonostante le perdite.

Il gioco d’azzardo si basa sull’ illusione di una vincita che cambia la vita.

Accade spesso che compri un biglietto, lo gratti e non vinci niente. Sei deluso in quel momento e ti incavoli pure.

Ma dopo un po’ è come se non fosse successo niente. Pensi :”Prima o poi deve arrivare quel momento!

Gli altri hanno vinto. Prima o poi succederà anche a me! Se non gioco, il mio biglietto fortunato lo prenderà qualcun altro! Questo non deve succedere! Guai se io non ci sono.”

La prossima volta è uguale, il biglietto non esce, oppure vinci una cifra irrisoria che ha l’ effetto di creare ancora più speranza e attaccamento.

La convinzione è più forte, irriducibile: “ E’ solo questione di tempo… prima o poi deve uscire!”

Intanto si continua a investire e a buttare soldi. Il biglietto costa poco, non te ne accorgi nemmeno del denaro speso.

E’ difficile rinunciare al sogno di una vincita: si spera che tutto può accadere da un momento all’altro.

A volte ci pensi che ti dovresti dare una calmata, ma non ci riesci: sei come immerso in un incantesimo, un meccanismo perverso che ti fa credere che anche per te è possibile vincere!

La realtà è che è molto improbabile vincere perché i biglietti vincenti sono talmente pochi, dispersi in un mare di biglietterie. Pochi numeri vincenti su un campione di milioni di giocatori, sparsi su tutta l’Italia.

Ma quali sono i meccanismi mentali e psicologici che nonostante insuccessi ripetuti si é trattenuti nel gioco?

Il legame al gioco è scattato perché è stata installata nella mente della gente la convinzione che “ si può vincere”.

Hanno installato nella mente della gente che con una piccola somma puoi impossessarti di una somma di denaro in grado di cambiare la vita a te e la tua famiglia!.

Se non compri un biglietto sei un allocco. E’ colpa tua se butti via tutto quel ben di Dio. La probabilità di vincere è bassa, ma è possibile. E’ solo questione di tempo!”

Tutto questo ipnotizza, fa sognare, non ti fa pensare. Annulla la tua capacità di ragionamento.

Non ti fa riflettere e non ti fa prendere atto che sono anni che giochi, che hai speso un mucchio di soldi, hai vinto solo piccole somme di denaro, spesse volte ri-giocate e che ti hanno solo fissato alla fantasia della sicura vittoria.

Sei fortemente convinto e continui a ripeterti:”Prima o poi deve arrivare. Immagino quel momento… gratto e scopro una bella vincita. Proprio quei soldi che servono a me e la mia famiglia!”

Ti vedi già festeggiare con la tua famiglia, vedi il conto in banca che sale e tutte le preoccupazioni che finiscono.

Tutto un sogno. Tutte illusioni. Un abbaglio che dura da anni.

Una realtà virtuale che non ti fa stare con i piedi a terra e che nasconde la dura realtà di tutti i giorni, una realtà difficile, faticosa, che non accetti.

Come si può fare? Come si può uscire da questo stato di ipnosi?

Devi convincerti che il gioco non è un ente di beneficenza.

Il gioco non ti viene in aiuto, non gli interessa nulla di te e delle tue difficoltà. Tanto è inutile cercare scorciatoie e aiuti. Apri gli occhi e accetta la realtà. Anche se ti distrai con i sogni, questa è la tua realtà che non vuoi accettare.

La realtà è che non si vince o per lo meno vincono solo pochissime persone.

A te rimane solo un desiderio,un sogno e la dura realtà.

Il gioco è congegnato in modo diabolico solo per arraffare soldi. Una montagna di denaro a beneficio di poche persone, soggetti poco raccomandabili che vivono beatamente nei loro paradisi fiscali.

Intanto però la truffa impera. C’è chi specula sui bisogni delle persone; lo Stato non interviene e non riesce neppure a farsi dare quanto gli spetta.

Ma a te non importa di quei truffatori che vivono in quelle ville da sogno o del guadagno dello Stato, vero?

A te importa la possibilità di vincere. Il biglietto costa poco e regala un sogno di vincite milionarie.

Ma sei proprio sicuro che un giorno arriverà questa vincita?

Un tuffo nella mente del giocatore occasionale.

Questa mattina ho fatto la solita passeggiata col cane e la solita sosta al bar.

Ho comprato un biglietto. Non ho vinto niente.

Anche se lo sapevo sono rimasto ugualmente deluso.

Sono arrabbiato perché la mancata vincita ha interrotto la speranza di un aiuto

per un mio progetto.

Ero uscito di casa contento. Ho un piano da realizzare, con un aiuto posso portarlo a termine. Con una piccola vincita avrei incrementato il risparmio della modesta somma messa da parte.

Sono deluso, come quanto speri in qualcosa che poi non si realizza.

Mi accorgo che inconsciamente sto considerando il gioco come un genitore a cui chiedere aiuto.

Un genitore che ha fatto tanto ad illuderci: “Non ti preoccupare, ci sono io. Quando ti serve qualcosa, puoi contarci. Tanto è facile vincere. Basta che giochi. Io ti toglierò ogni preoccupazione economica! Però devi giocare, altrimenti come faccio a farti vincere?!

Tu ti senti rassicurato e rinnovi continuamente la giocata per ricevere un aiuto.

Continui a puntare, ma raccogli solo spiccioli.

Noi pensiamo al gioco come ad un buon genitore che aiuta. Col tempo scopri che a questo ‘genitore ‘ interessano i tuoi soldi, è indifferente a te, insensibile ai tuoi problemi e che ti sta truffando con continue promesse di vincita che NON manterrà.

E’ solo un’ illusione, non è un genitore buono.

Lo stratagemma di chi ha ideato questa macchina di soldi è di aver convinto tutti che il gioco aiuta nei momenti di bisogni.

Ti accorgi che il gioco di te non se ne frega niente. Tu non esisti, non esistono i tuoi problemi, ha un disinteresse totale per le tue preoccupazioni e le tue aspettative.

Forse pensiamo al gioco come ad un benefattore, come un buon padre che aiuta.

Quando scopri che non hai vinto vivi le emozioni di delusione, rabbia e senso di abbandono.

Ti senti ignorato, messo in disparte, abbandonato da una parte che dovrebbe starti vicino nei momenti di bisogno. Continui a giocare con la speranza inconscia di un suo ravvedimento e accorgersi di te che hai realmente bisogno di aiuto.

La parte razionale ti rimprovera di questi sentimenti e l’ incapacità a mandare al diavolo il gioco, ma ormai non ce la fai più, si è creata una dipendenza.

La dipendenza è credere ad un incantesimo, una magia, ad una bacchetta magica che non possiamo fare a meno.

La dipendenza al gioco è una forma di immaturità, una maniera per non guardare in faccia la realtà, un modo per cercare scorciatoie nella vita, un rifiuto a crescere e a darsi da fare.

Ma il gioco è solo un artificio per prendere e arraffare soldi per se stesso, senza dare nulla.

La truffa è nell’aver convinto tutti che è facile vincere, ed è sola colpa nostra se non riusciamo a staccarci.

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Smettere con i giochi d’azzardo

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Analogia fra un Disturbo Ossessivo e un Trauma

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C’è un’analogia fra un disturbo ossessivo e un trauma.

 Un Disturbo Ossessivo può essere una specie di trauma.

Una vicenda traumatica è un’ esperienza soggettiva terrificante.

Una devastante risposta del cervello umano in preda al terrore più sconvolgente.

Un trauma, un attacco di panico, il disturbo Post-Traumatico da Stress e un disturbo ossessivo hanno alcune importanti analogie nella sintomatologia: tutti presentano un avvio traumatico e cruento, pensieri e immagini della scena traumatica invasiva,ripetitiva e fuori controllo, con incremento dell’attenzione, ansia e paura.

Si tratta di sintomatologia involontaria, fuori controllo, causata dalle risposte automatiche del Sistema Nervoso Autonomo.

Lo smisurato livello d’ ansia causata dall’ evento traumatico  spingono il soggetto verso risposte automatiche, involontarie e resistenti.

Un trauma può essere causato da cause esterne all’ individuo ( incidenti, attentati, disastri e calamità naturali), ma anche  motivi interni ( sindrome psicopatologiche come un attacco di panico o l’inizio di un disturbo ossessivo).

Il modello di una stazione ferroviaria può rendere comprensibile la neurofisiologia e il funzionamento cerebrale di patologie come l’ansia, un trauma, un attacco di panico o un disturbo ossessivo.

NEUROFISIOLOGIA DELL’ ANSIA 

Immaginiamo il Sistema Nervoso Centrale come una immensa stazione ferroviaria.

In una mega–stazione ci sono binari su cui transitano costantemente convogli in arrivo, in stazionamento e in partenza.

Tutto il traffico viene regolato ed elaborato da un CAPOSTAZIONE  (l’ unità centrale di elaborazione o attenzione). In un tale sistema ci saranno dei binari principali, gerarchicamente superiori, aventi priorità assoluta (ad es.: le sensazioni dolorose), binari preferenziali (sensazioni di piacere), binari abituali maggiormente trafficati e quindi preferiti.

Il capostazione che smista il traffico è coadiuvato da una fitta rete che fa capo ad un sistema intelligente. E’ in grado di avviare i vari output di tipo motorio, sensazioni fisiologiche,copioni e programmi comportamentali.

La sua sede anatomica cerebrale può localizzarsi nel TALAMO.

Questa struttura è un grande centro di transito delle vie nervose, dirette sia alla corteccia che verso la periferia corporea.

Il capostazione,dal suo quadro comando, riceve tutti i segnali di Input, osserva se ha pronto degli schemi di comportamenti adatti, valuta se essi sono più o meno efficaci e dà l’ OK .

Come ogni stazione che si rispetti, ha a disposizione un sistema atto a far fronte alle situazioni di pericolo.

L’ emergenza viene eseguita dall’ IPOTALAMO.

Una situazione codificata “pericolo”, misto ad una mancanza di schemi comportamentali, creano le condizioni per far scattare un impulso al Sistema Nervoso Autonomo (S. N. A.).

Una mancanza di schemi comportamentali validi non trova sfogo, l’energia nervosa non può essere inviata in nessuna parte, l’output è bloccato. Si crea un blocco di energia che viene percepita come ansia e senso di pericolo.La “valutazione” del pericolo fa scattare l’ impulso nervoso al sistema d’ emergenza.

Tutte le vie  sbarrate devia l’ impulso nervoso verso l’ ultima porta rimasta: il sistema d’ emergenza.

La paura provoca sgomento perché ci trova impreparati: è improvvisa, è grande, è nuova o è insuperabile. In poche parole: non sappiamo cosa fare.

L’energia a disposizione non trova sfogo, è bloccata: l’unica strada aperta è l’ipotalamo o sistema d’ emergenza.

La valutazione del pericolo, captata dal capostazione, serve come start al S.N.A (o Sistema Nervoso Autonomo).

Una persona non consapevole di un certo pericolo non avrà mai paura. Senza questa valutazione cosciente, da parte del sistema cognitivo, non si creeranno mai le condizioni per far partire il programma ‘pericolo’ nell’ ipotalamo, come vedremo nel prossimo esempio.

Immaginiamo di percorrere una strada a scorrimento veloce, alla guida della nostra automobile.

Procediamo a velocità sostenuta, ma siamo abbastanza tranquilli. Il traffico è regolare in entrambe le direzioni di marcia.

La giornata è bella. Mentre guidiamo osserviamo il panorama familiare. I nostri pensieri flettono sui normali problemi personali, mentre in sottofondo la radio trasmette una piacevole musica.

Siamo tranquilli e niente ci sta preoccupando.

All’ improvviso da una strada laterale un auto sbuca fuori, si immette sulla nostra strada proprio davanti a noi senza rispettare lo STOP.

Una occhiata è bastata a farci valutare il pericolo. Dobbiamo fare qualcosa!

In un attimo, si valuta la situazione di estremo pericolo e le possibilità di azione, mentre una scarica nervosa raggiunge i centri d’emergenza del sistema nervoso simpatico.

La valutazione PERICOLO fa scattare un impulso d’ allarme che avvia il programma “EMERGENZA”.

La parte posteriore dell’ipotalamo è denominata ‘Sezione SIMPATICA’ del Sistema Nervoso Autonomo.

La sollecitazione di questa porzione del cervello avvia una serie di processi fisiologici che fanno entrare in stato di ALLARME.

Si ha uno sconvolgimento dello stato di quiete del tipo:

-aumento del battito cardiaco,
-aumento della pressione arteriosa,  
-aumento del flusso respiratorio,
-richiamo del sangue dalla periferia ai muscoli, 
-aumento della tensione muscolare,
-stimolazione della midollare del surrene,  
-stimolazione della corteccia surrenale,
-aumento della acuità visiva, 
-aumento  della sudorazione,  ecc., ecc. 

Questi sintomi  costituiscono la sensazione  ‘ANSIA’.

La parte anteriore dell’ ipotalamo è denominata ‘Sezione PARASIMPATICA’ del S.N.A.

Ha l’ effetto opposto della sintomatologia su riportata.

La sollecitazione di questa sezione provoca un:

-abbassamento dei battiti cardiaci e della pressione arteriosa,

-diminuzione e allungamento dei movimenti respiratori,

-allentamento della tensione muscolare,

-dirottamento del flusso sanguigno verso la pelle e l’ intestino,

-rilassamento viscerale,

-rilassamento generale,

-ecc, ecc.

Il programma è simile a quello dei computer: inizia, ma se tutti i chip o gli interruttori sono chiusi, il software, o il flusso di corrente, procede verso le uniche vie possibili.

 

Software PERICOLO:

Impatto con l’auto !

Si può fare qualcosa ? …  Si ? Esecuzione – Rilassamento

No

FRENARE ?               ….      Si ? “ Esecuzione – Rilassamento

No

SORPASSARE ?       ….       Si ?  Esegui

No

BUTTARSI LATERALMENTE ?…    Si ? Esegui !

No

SUONARE PER FARLO ACCOSTARE? …Si ? Esegui !

No,non serve

Dio! COSA POSSO FARE?       Nulla ?

P A N I C O ! !

In questa drammatica sequenza possiamo osservare che ogni azione non è ritenuta adatta ad evitare l’ impatto. Ogni passaggio non trova una via di uscita, se non quello di aumentare la sollecitazione del Sistema Nervoso Autonomo.

Lo stimolo nervoso si va man mano incrementando, ad ogni via chiusa, fino a mandare in TILT tutto il sistema.

Senza output, o comportamenti possibili, tutta l’ enorme energia messa a disposizione per far fronte al pericolo, verrà convogliata sull’unica via d’ uscita rimasta: il sistema d’ emergenza.

Quanta l’ energia è tanta, è possibile anche una tracimazione alla sezione parasimpatica vicina.Nel panico infatti,oltre alla forte tensione, si possono avere collassi,svenimenti, defecazione, minzione, etc.

Alla luce di quanto si è cercato di dire, possiamo considerare un TRAUMA come una fortissima sollecitazione della sezione simpatica dell’ ipotalamo.

Una sollecitazione di forte intensità comporta anche la sollecitazione della sezione parasimpatica con coinvolgimento del sistema motorio, cognitivo ed emotivo.

Anche in queste condizioni di allerta entra in atto la VALUTAZIONE SOGGETTIVA del pericolo e la possibilità di intervento per gestire l’ emergenza.

Alla guida dell’ auto, dell’esempio precedente, vi può essere un neo-patentato col suo istruttore di scuola-guida. Di fronte allo spavento, l’ autocontrollo dell’ autista viene recuperato se il suo istruttore esclama :

” La macchina è lontana. Stai tranquillo. Puoi frenare !”.

Lo spavento deriva dalla auto-valutazione negativa del ragazzo ancora poco pratico della guida.

L’ aumento di esperienza farà aumentare la fiducia nei propri mezzi e creerà numerose vie d’ uscita di fronte a situazioni di pericolo.

Quando riteniamo di non avere più vie d’ uscita, l’ enorme energia messa a disposizione dal nostro cervello per il compimento dell’ atto, non trovando uno sbocco , trova sfogo nell’ ultima via rimasta: IL SISTEMA D’EMERGENZA o Sistema Neurovegetativo.

Il modello del CAPOSTAZIONE della stazione ferroviaria può spiegare, a mio giudizio, anche altri fenomeni psicologici.

Un pericoloso incidente stradale, un soldato che si trova in un contesto bellico, oppure trovarsi di fronte ad un evento calamitoso, come un terremoto, una inondazione, o un atto terroristico, ci fa vivere  il terrore del pericolo di perdere la vita.

Si vive un trauma, ossia siamo di fronte ad un evento superiore alla nostra capacità di problem solving.

Anche l’ inizio  di un attacco di panico o l’ inizio di una scena che dà origine ad un disturbo ossessivo è un evento traumatico perchè il contenuto fa immaginare le peggiori conseguenze.

Infatti è un sovraccarico energetico  del sistema della mente che dà origine ad una reazione ancestrale di pericolo, con forti reazioni automatiche, fuori dalla nostra capacità di controllo.

E’ la reazione automatica esagerata che si osserva negli attacchi di panico, nel Disturbo Post-Traumatico da Stress e nel pensiero intrusivo, ripetitivo e fuori controllo del Disturbo Ossessivo.

Le reazioni fisiologiche sono ampiamente fuori dallo nostro controllo volontario perchè il trauma induce quantità enorme di energia, che per effetto del blocco stimola la via ipotalamica, una via nervosa involontaria e di competenza del Sistema Nervoso Autonomo (S.N.A.).

Cercare di riprendere la calma, oppure cercare di avere controllo per bloccare le immagini ossessive dettate dalle immagini di pericolo  appare arduo e difficile, perchè le reazioni del corpo sono automatiche, con scarsa capacità di controllo sui sintomi.In queste situazioni serve poco far ragionare il cervello.

Si vive una forte condizione di pericolo tipo la condizione del neo patentato dell’ esempio riportato poc’anzi.

Nel DOC il problema ha inizio quasi sempre con un pensiero o un’ immagine del tipo:” E se perdo il controllo e commetto quest’azione scriteriata? (‘ammazzo qualcuno’, oppure: ‘mi scappa una parolaccia in chiesa’, oppure:’ho un immagini gay ‘, oppure: ‘Non sono sicuro di aver controllato bene, quindi..’.).

Secondo voi,  i  pensieri spaventosi,iniziali di un DOC,  non sono un trauma per la persona che la vive?

Forse bisogna riconsiderare alcuni metodi di trattamento degli attacchi di panico e Disturbo Ossessivo Compulsivo.

La terapia sul trauma e sul disturbo post-traumatico da stress di maggiore efficacia si chiama E.M.D.R.  Le applicazioni terapeutiche di questa modalità di terapia sono di provata efficacia sul disturbo post-traumatico da stress, ma si stanno realizzando  sperimentazioni anche sul D.O.C.  

La considerazione  del disturbo ossessivo come una forma di trauma è un concetto nuovo e abbastanza recente.

Le terapie energetiche come EMDR, E.F.T. (Emotional Freedom Therapy) e Tecniche di R.Q.I. , applicate non a livello sintomatologico, ma  in maniera corretta, cioè sulla fonte del trauma, può riequilibrare l’eccessiva emotività,  rielaborare e modificare le convinzioni erronee che mantengono in vita un disturbo ossessivo compulsivo.  

 

 

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EMDR
Come nasce un DOC-Caso clinico

 

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Disturbo Ossessivo Compulsivo da Contaminazione e Disgusto

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DOC da CONTAMINAZIONE E DISGUSTO

Il disgusto, lo schifo la ripugnanza sono emozioni di base la cui funzione è la protezione della salute da malattie contagiose e ingestione di sostanze tossiche.

Esiste un senso di disgusto FISICO e disgusto MORALE, due facce della stessa medaglia.

Il disgusto FISICO, il senso di schifo e di ripugnanza sono attivati da :

-CIBO CONTAMINATO

-PRODOTTI CORPOREI (feci, urina, vomito, saliva, et al.)

-SPECIFICI ANIMALI (vermi, scarafaggi,serpenti, ecc.)

La sensazione di sporco fisico si confonde con la sensazione di indegnità morale.

Entrare in contatto con ‘sostanze sporche’ equivale a ‘contaminarsi’.

Il disgusto MORALE, il senso di INDECENZA e ripugnanza,  sono attivati da:

-TRASGRESSIONI SOCIO MORALI                             Comportamenti sessuali immorali (es.: incesto, sesso con gli animali, pedofilia, prostituzione, masturbazione, ecc.

– DISGUSTO MORALE                                                                                                         Comportamenti immorali non sessuali (ingannare, tradire, rubare, dire bugie, uccidere, ecc.)

Il disturbo ossessivo da contagio e contaminazione vuole evitare proprio questo: evitare di essere considerati ‘inquinati’e contagiati.

Il disgusto trasmette un particolare insieme di tormenti morali, come ad es.: la blasfemia, il tradimento, l’ incesto, azioni spregevoli, abiette e sub-umane, che danno la sensazione di allontanare  la purezza, la rettitudine,  la divinità, la protezione di ciò che viene percepito come un valore o qualcosa di sacro. 

Coloro che trasgrediscono sono percepiti come contaminati, infettati e insozzati. Le persone non vogliono toccarli o entrare in contatto con le cose che sono state toccate da loro, perché rappresenta un degrado, come avere a che fare con un declassato nella scala sociale (es.: relazionarsi con un barbone).

Il ruolo del disgusto e il timore della contaminazione

Disgusto, percezione di schifo e timore di contaminazione portano alla compulsione del lavaggio.

Il lavaggio libera da sostanze disgustose salvaguardando la propria salute e quella degli altri.

Il lavaggio ha anche lo scopo di neutralizzare il disgusto morale.

Ad esempio, un paziente ossessivo ricorreva a rituali di lavaggio delle mani, per purificarsi dal contatto con persone che, secondo la sua convinzione, avevano commesso atti “immorali”, come rapporti sessuali depravati.

I pazienti ossessivi possono essere spaventati da contaminazione non solo da sostanze disgustose, ma anche con sostanze ritenute pericolose per la salute propria e altrui (es. : materiale infettato e/o radioattivo).

Non adempiere ai lavaggi, non mettere in perfetto ordine o disattendere ai controlli, comporta un senso di colpa di aver trascurato il dovere di salvaguardare la salute propria e quella degli altri.

Il disgusto e lo schifo nel DOC e il suo rapporto con LA COLPA

Il senso di colpa percepito in queste situazioni si chiama ‘ senso di colpa deontologica ‘. Questo senso di colpa ci obbliga di eseguire con cura azioni e comportamenti per il rispetto di un codice di condotta. La sua osservanza ha lo scopo di impedire di pregiudicare la dignità o la salute delle altre persone.

L’ inosservanza e la violazione di queste regole può derivare un danno alla famiglia o alla collettività e quindi qualcosa da evitare assolutamente.

Una sensazione di bassa purezza morale, di non essere ‘puliti moralmente’, sensazione di aver fatto azioni o avere avuti pensieri ignobili, “sporchi” o immorali può portare all’ obbligo di lavaggio o altri comportamenti di tipo compulsivo. Il senso di ‘sporcizia ’ si integra con l’urgenza di lavarsi. E’ il cosiddetto Effetto Lady Macbeth.

Ma quali sono questi atti immorali di cui ci si sente colpevoli e contaminati?

La contaminazione ‘mentale’ può essere evocata ricordando eventi e fatti personali ritenuti immorali, tipo: comportamenti sessuali dissoluti, comportamenti osceni, disgustosi e sporchi, che fanno vergognare.

Il senso di contaminazione elicitato da questi comportamenti, portano alla compulsione del lavaggio (sintomi di tipo WASHING), a sensi di colpa e aumento del disgusto, schifo e ripugnanza.

L’elevata tendenza al disgusto consente di prevedere anche presenza di sintomatologia di tipo ORDINE E SIMMETRIA e sintomi di tipo CONTROLLI esagerati (CHECKING) .

I pazienti ossessivi percepiscono maggiore sensibilità al disgusto e allo schifo rispetto i soggetti normali o pazienti ansiosi. Questa disposizione è associata alla sintomatologia ossessiva.

La reazione al disgusto protegge non solo il Sè corporeo, ma anche il Sè psicologico, la dignità e il diritto di appartenere a un gruppo.

La sensazione di contagio e contaminazione fa sentire i soggetti sensibili a queste problematiche. Inoltre fa sentire senza valore, sminuiti, impresentabili; indegni di essere accettati dal gruppo, anzi meritevoli di disprezzo da parte degli altri, diminuita dignità umana, vergogna e divieto di reagire al disprezzo degli altri.

Il timore ossessivo: come si traduce in attività ossessiva e ruolo del disgusto.

Il timore fa diventare la percezione di contaminazione sistematica, pervasiva ed esagerata. In questo modo i lavaggi purificatori e altre compulsioni diventano prolungati e ripetitivi.

Ciò avviene per il verificarsi dell’ effetto Lady Macbeth, precedentemente enunciato, nel senso che chi si sente in colpa è maggiormente sensibile allo sporco.

La desiderata sensazione di ‘pulito’ richiama il bisogno di lavarsi, perché il lavaggio riduce il senso di colpa.

C’è un verità scientifica in tutto questo. A livello cerebrale il senso di colpa e il senso di disgusto condividono e si appoggiano sulla stessa zona del cervello,chiamata INSULA.Per cui l’ uno stimola l’ altro. Il disgusto stimola il senso di colpa e viceversa.

La sensazione di sporco fisico è sovrapponibile alla sensazione di colpa e paura di caduta nella posizione sociale.

Dal punto di vista del paziente ossessivo, proteggersi dalla contaminazione significa non solo proteggersi dall’ essere sgradevole agli occhi di se stessi e degli altri, ma anche proteggersi dalla possibiltà di essere e apparire moralmente indegni.

Il pensiero magico nella percezione di contaminazione

Per questi soggetti entrare in contatto con sostanze sporche e disgustose equivale a “sporcarsi”e contaminarsi. La sensazione di sporco fisico si confonde con la sensazione di indegnità morale.

Il pensiero magico, ossia quel pensiero che giunge subito alle conclusioni, senza passaggi nelle zone intermedie e senza, riflessione, fa sì che anche situazioni di impossibile,esagerato e irragionevole contatto fisico può essere percepito come contaminati. La propagazione delle tracce della sostanza può essere ritenuta trasmissibile in modo fisico o simbolico anche ad elevate distanze.

Il pensiero magico fa sì che:

-Non fa considerare le reali probabilità di contagio, se basse o alte probabilità.

-Non fa prendere in considerazione il possibile decadimento nel tempo della sostanza contaminante.

-Non fa considerare le dosi.

-Non fa esaminare la logicità. Un soggetto può pensare di contaminarsi anche solo dopo un incontro fortuito, senza contatto, con una persona ‘contagiata’.

La comprensione del significato del contagio nel DOC da contaminazione richiede l’ elaborazione e progettazione di trattamenti efficaci.

La resistenza delle compulsioni e la complessità di comprensione e cura di questo disturbo non è sufficiente la semplice tecnica dell’ esposizione o i tentativi di far ‘ragionare il paziente’.

I pazienti DOC con queste problematiche, la risposta a sostanze disgustose e contaminanti può essere attivata da un elevato numero di oggetti e situazioni.

Questa ampia classe di oggetti, che loro fanno rientrare nell’ elenco ‘disgustosi,’ ha lo scopo di proteggere o arginare la contaminazione.

Molti pazienti ossessivi con queste problematiche passano molto tempo della giornata in ruminazioni, atti compulsivi e lavaggi finalizzati ad eliminare la sensazione di contaminazione. Una sensazione che deriva dal contatto con oggetti “sporchi” e con tutto quello che è entrato in contatto con gli stessi.  Logica che funziona anche con oggetti lontani, ma logicamente collegati.                                                                                                                              

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Provvedimenti

-In sede di ricostruzione della storia del sintomo è necessario ricostruire tutta questa filiera e dimostrare l’ infondatezza.

-Bisogna ridurre l’iper-generalizzazione e l’intensità della risposta a ciò che è sentito contaminante.

-Si applicano strategie per ridurre il potere disgustante e ripugnante degli stimoli, allo scopo di far considerare MENO REALISTICA, MENO PROBABILE E MENO GRAVE entrare in contatto con sostanze provenienti dai loro oggetti ‘disgustosi’.

-Le procedure di normalizzazione del sintomo prevedono spiegazioni sul funzionamento e significato del senso di schifo, disgusto e contaminazione.

-Fornire rassicurazioni sul fatto che è comprensibile cercare di preservarsi dal contatto con sostanze disgustose. Il desiderio di pulizia preserva dal pericolo di perdita di dignità, di rango e di appartenenza.

-E’ normale tutelarsi dal disgusto se si pensa, si ripensa, si rimugina e si immagina quell’ oggetto che ha avuto contatto con persone sporche, con sostanze insozzate e contaminate.

-E’ normale che i tentativi di preservarsi dalla contaminazione vengono protratti per lungo tempo, perché non si riesce a vedere chiaro una linea di demarcazione fra ‘sporco’ e ‘pulito’.

In assenza di un criterio chiaro “di pulizia” per evitare il rischio, l’autorimprovero, il rimorso e il pericolo fa  continuare i lavaggi, controlli e atti compulsivi all’infinito.

– Spesso il paziente/la paziente continua a vedere e a immaginare in maniera particolarmente vivida la sostanza temuta sugli oggetti.  Sostituire le immagini mentali associate alla contaminazione e trasformazione con immagini meno raccapriccianti.

Far mettere a fuoco e far vedere chiaramente la sostanza temuta                                                             Ad esempio, far immaginare di prendere una banconota e chiedere:” Nel contatto con questi soldi, che tu ricevi da quella persona, cosa temi che rimane sulla tua mano? Cosa temi che ti contagia? Di che cosa possono essere sporchi? Sporco fisico? (Urina, feci, sperma, sporcizia?), Sporco morale? (Atti immorali, soldi rubati, ecc.? )

I pazienti partono da una regola/comando interno: “ se sento questa sensazione di sporco allora vuol dire che sono contaminato [ Regola: Affect as Information].

Quindi il disagio emotivo è assunto come prova di un contatto reale con la sostanza disgustosa.

Risultati provenienti da studi e ricerche hanno osservato che provocare cambiamenti nei livelli di sensibilità al disgusto si riflettevano anche in cambiamenti della sintomatologia DOC.

Vi sono diversi interventi utili a CONTRASTARE l’ idea che la sensazione di essere sporco NON equivale ad essere realmente insudiciato e quindi a indebolire la credenza che la sensazione di disgusto significa che si è contaminati.

Si deve lavorare per modificare la percezione della minaccia.

Il paziente dà credito a ipotesi improbabili e implausibili perché teme di sottovalutare colpevolmente una minaccia che non è certo di poter escludere.

Il team di Studio sulle ossessioni ‘Obsessive Compulsive Cognition Working Group’ ha trovato 6 aree di credenze erronee in questi tipi di pazienti. Sono le seguenti:

-Responsabilità eccessiva, sovrastima della minaccia, perfezionismo, intolleranza all’ incertezza, importanza dei pensieri e necessità di controllare i pensieri.

L’errata interpretazione dei pensieri, sensazioni e immagini intrusive incentiva comportamenti problematici di evitamento, ricerca di rassicurazioni e lavaggio eccessivo. Altre cause di lavaggi smodati e controllo sono le interpretazioni negative e la sensibilità al disgusto.

L’eccessiva responsabilità di evitare danni a se stessi e ad altri fa sentire senso di colpa e questo porta ad azioni compulsive di eccessiva pulizia dell’ ambiente da sostanze disgustose e contaminanti.

Insomma certi pensieri e certe azioni vorremmo non farli, non averli nella mente, ma non ci riusciamo per via del continuo pensarci e ruminarci su.

Purtroppo più si rimugina, più il pericolo appare probabile. Questo rende il disturbo più aggressivo e difficile da estirpare.

Chi si sente contaminato sente che deve fare il possibile per eliminare ‘lo sporco’, perché il pensiero magico che lavora nella mente ha fatto credere che:

-essere sporchi fisicamente equivale ad essere sporchi anche moralmente, lavare il corpo equivale a lavare la coscienza,

-essere sporchi richiama il senso di colpa e richiama l’ esigenza di lavaggi.

-”Siccome non posso ripulire, purificare il mio senso di indegnità morale, mi occupo almeno di tenere pulita la superficie del corpo”.

– “Mi sento una persona poco pulita dentro e lavarmi mi fa sentire meglio…”

ecc., ecc.

-Bisogna ridurre la sensazione di gravità della contaminazione.

-Contrastare la convinzione che chi è sporco moralmente, non può sentirsi pulito se si lava solo esternamente.

-Contrastare il senso di indegnità morale.

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Vincere il DOC

 

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Perchè mi ammalo di ossessioni

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Perchè mi ammalo di ossessioni ?

Ma perchè ci si ammala di ossessioni? Quale funzioni hanno le ossessioni?

Quale significato hanno all’ interno della politica difensiva della mente umana? Visto il grande disagio che apporta ad una persona e l’elevato grado di sofferenza, a cosa servono le ossessioni? Sono completamente inutili?

 

La novità di questo articolo è l’ argomentazione dell’ utilità di un disturbo mentale, come le ossessioni, nella verifica delle capacità e del grado di sicurezza nella conquista della fase adulta.

Alla luce delle prossime considerazioni si potrà osservare che non vale la pena combattere frontalmente un DOC.

Un disturbo d’ansia, come le fobie e ossessioni,nel processo di crescita possono rivelarsi una verifica, una prova, un rito di iniziazione, una dimostrazione della capacità di affrontare il mondo e sapersi affermare nella vita.

Una collettività mette alla prova un giovanetto che si affaccia alla vita. Nelle società primitive i giovani dovevano superare delle prove, prima di ottenere la legittimazione all’ autonomia e il distacco dalla fanciullezza.

Se manifestavano insicurezza, incapacità, inabilità e mancanza di affermatività, era rimandato, o negato, l’ingresso nel mondo degli adulti.

Nel processo di crescita ed autonomia di un figlio che desidera avviarsi verso la vita, il genitore interno (Super Io) vuole dimostrazione che suo figlio è capace di riuscire nel suo compito di persona adulta.

Il DOC può essere come una specie di rito di iniziazione? E’ quello che vedremo.

Il genitore interno, o Super Io, è un’ eredità dell’ Infanzia. Questa specie di giudice ha la parvenza dei genitori, dell’ insegnante, del gruppo dei pari o del mondo degli adulti.

Costoro sono come dei giudici, chiedono: “sei una persona capace di affrontare il mondo o sei insicuro?”.

Se scoprono debolezze o incapacità nella persona a farsi largo nella vita, immettono nella mente del fanciullo dubbi e insicurezze.

“Ricordati che devi superare dei test, senza mostrare alcun segno di insicurezza”.

Se c’è insicurezza, se ci sono tutte le condizione di una personalità insicura, si può sviluppare un disturbo ossessivo.

Una specie di rito di iniziazione. Una specie di verifiche da superare, come le 12 fatiche di Ercole.

Per una persona le prove non sono 12, ma è qualcosa di ancora più astuto e infido: colpisce là dove si è più debole e nelle cose a cui si tiene di più.

Attraverso la modalità delle ossessioni, un DOC inizia ad infierire senza pietà.

Formula delle imputazioni. Se non hai risposte adeguate rimani nella palude dell’ ossessione.

-Hai mostrato dubbi e incertezze nella tua identità di genere?

Ecco che ti mette la paura di essere omosessuale o la paura di essere lesbica.

-Hai dubbi e paura sulla tua relazione amorosa? Il DOC viene a colpirti proprio su questo punto debole: mette dubbi sulla tua relazione affettiva.

Hai dubbi e insicurezze sulla tua capacità genitoriale? Ecco che il giudice interno ti accusa nella maniera più sleale, spregevole e crudele: vuoi far male ai tuoi figli.

-Sei una persona religiosa e devota. Hai dubbi sulla tua devozione religiosa? Il giudice interno ti accusa, ti mette continuamente alla prova e addirittura ti mostra le cose più basse, abiette e ignobile che tu possa immaginare.

Sembra che ci sia una regola o un’ intimazione : “ Dimostrami che non è vero!”

-Ti piacciono i bambini? Se sei predisposto al DOC e hai una personalità ossessiva il giudice interno, o Super Io, osserva il tuo carattere insicuro, non è contento e ti accusa di avere tendenze pedofile!

“Ora dimostrami che non è vero!”

-Hai paura della contaminazione, del contagio, delle malattie, della sporcizia o dell’ AIDS? Manifesti queste insicurezze e questi tipi di dubbi?

Il genitore interno ricerca la sicurezza, la maturità , in maniera chiara, sicura e decisa, trovando nella persona insicurezza, comincia a tartassarlo con una moltitudine di dubbi e incertezze.

“Dimostrami che non è vero! A me non mi convinci!”

-Hai paura di dimenticare qualcosa? Porte, finestre, auto, gas, investimento di qualche pedone? A causa di queste dimenticanze può succedere qualcosa di fastidioso?

Il Super Io comincia strapazzare, a tormentare, ad opprimere con dubbi e immagini della cosa peggiore che possa accadere.

“Dimostrami che non è vero”!

Ma come faccio a dimostrartelo, mica esiste la certezza al 100 %?

“Allora niente. Non passi l’ esame”.

Per effetto dell’ansia si pensa alla conseguenza peggiore che possa accadere.

Allora scatta la difesa del DOC che nella sua oppressione ti dice:

“Fai qualcosa per guarire il tuo carattere insicuro e guarire dai traumi del tuo passato, altrimenti non superi l’esame. Voglio la dimostrazione che hai sicurezze e sei in grado di avere accesso alla vita adulta”.

Ma come si può uscire dalla palude del DOC, dove più combatti e più sprofondi?

Un confronto diretto col DOC è inutile, perché si esce sempre sconfitti.

La richiesta del DOC, come abbiamo visto è sempre la seguente: “Convincimi !!”.

Richiede da te la sicurezza, ma ti colloca in una PALUDE DI DUBBI, INCERTEZZE E RICHIESTE ASSURDE O ACCUSE SQUALLIDE del tipo:” l’hai pensato, allora lo vuoi realmente !!.

Non si esce vittoriosi in un confronto diretto con un DOC.

Questa patologia nasce da un trauma. Il trauma si crea la prima volta che inizia nella nostra mente quel brutto pensiero, quel particolare dubbio. Ha una richiesta: di dimostrare di essere senza ansia e insicurezze: che siamo in grado di affrontare la vita.

Joseph LeDoux è un neuroscienziato statunitense.

Nel suo libro:“Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni” ha fatto conoscere la modalità di come hanno origine le emozioni all’ interno del cervello.

Ha riferito un evento che fa riflettere.

Ammettiamo di attraversare un sentiero di campagna. Stiamo bene. E’ una bella giornata, stiamo godendo il contatto con la natura.

All’ improvviso con la coda dell’ occhio scorgiamo vicino ai nostri piedi qualcosa che striscia. Un serpente.

Percepiamo un pericolo. In un battibaleno, come una frusta, scatta dentro di noi un segnale di pericolo: il cuore comincia a battere furiosamente, il respiro diventa affannoso, la testa comincia a martellarci, il viso diventa bianco come un lenzuolo, i muscoli si irrigidiscono, siamo tesi come una molla, pronti a fuggire. Siamo nel panico, incapaci di ragionare e preda delle reazioni più istintive.

Solo dopo un po’ di tempo, se non ci siamo dileguati, possiamo renderci conto che non c’era pericolo: era solo un innocua biscia, che è fuggita più veloce di noi.

LeDoux ha riferito questo avvenimento informando che la reazione fisiologica d’allarme scatta prima della riflessione.

La risposta emotiva è più istintiva perché deve fronteggiare un grave pericolo, quindi non c’è tempo di riflettere e ragionare.

La stessa reazione torna a ripetersi ogni qualvolta c’è qualcosa che può ricordare quel pericolo. Ad esempio: torniamo a spaventarci anche se, quella cosa nera in mezzo all’ erba, è solo una camera d’aria di una bicicletta.

Serve poco rassicurarci o rimproverarci per quella esagerata reazione, serve poco il ragionamento.

La nostra mente è programmata a reagire istantaneamente di fronte ad un pericolo.

Il nostro cervello è molto sensibile alla presenza fisiologica di allarme nel nostro corpo e reagisce di conseguenza: aumentando l’ ansia, la paura o l’ aumento dell’ attenzione.

Un DOC crea immagini e pensieri che preoccupano e fanno paura. La reazione emotiva si manifesta con uno stato di tensione nel corpo. Il cervello percepisce la tensione e invalida il ragionamento.

L’ansia ha molte facce. L’ansia di tipo fobico porta a evitare le situazioni ritenute paurose.

Se l’ansioso fobico evita, l’ansioso ossessivo affronta ciò che lo preoccupa.

Non è una cosa negativa, ma lo fa in modo improduttivo o controproducente.

Attraverso rimuginazioni mentali o rituali compulsivi, cerca di tenere a bada l’ansia e a controllarla.

Si può osservare che l’ipocondriaco non finisce mai di ascoltare il proprio corpo. La bulimica è ossessionata dalle idee del cibo, dal peso e dai sensi di colpa.
Chi teme la contaminazione persevera per lungo tempo nei rituali di pulizia.

La persona non ansiosa si rifiuta di lasciarsi accalappiare nelle spirali del pensiero ripetitivo, incalzato dalla preoccupazione.

L’idea del rifiutarsi di lasciarsi dominare è utile perché serve a sottolineare che anche l’ansioso può decidere di smettere di preoccuparsi.

Purtroppo l’ossessività porta con sé la convinzione di “dover vincere sul DOC da solo”, cosa che può rendere difficile decidere di lasciarsi aiutare.

Questa difficoltà aumenta negli individui con tendenza ad assumere come fonte autorevole d’informazione le proprie convinzioni e le paure.

In parole povere, la persona che si fida “troppo” delle emozioni tende a pensare: “Se mi crea tanto disagio, se mi fa così paura e sono in ansia, il pericolo che avverto deve essere qualcosa di reale”.

Il concetto di base è affect as information, le emozioni come informazioni.

Diverse ricerche hanno esaminato quest’idea. E’ stato scoperto che per i pazienti ossessivi arrivano a pensare che le convinzioni, quello che passa per la mente sono anche motivazioni, delle spinte a compiere certe cose.

Invece i timori, le preoccupazioni sono pensieri, non motivazioni o spinte a compiere qualcosa.

La persona in preda all’ansia ha difficoltà a comprendere che più si sforza e più si avvita nella spirale discendente che lo trascina verso il basso.

L’ansioso-ossessivo parte dal presupposto (sbagliato) che più pensa, più probabilità avrà di arrivare a soluzione.

Invece è vero proprio il contrario: è il pensiero stesso, intensificato all’estremo, la natura del suo problema.

Perciò ne uscirà quando avrà imparato a pensare di meno, a distrarsi, a concentrarsi ad altre cose. Ad esempio, a rivolgere l’ attenzione al proprio corpo e ad osservare in maniera a-critica le parti in tensione.

Gli ostacoli alla guarigione da un disturbo ossessivo dipende dal fatto che le tecniche terapeutiche finora hanno lavorato a livello mentale, e si è data data poca importanza a ridurre l’emotività che si percepisce sul corpo.

Questa assenza di considerazione ha lasciato intatto un segnale d’allarme vivo sul corpo, sotto forma di tensione muscolare, tensione e bruciore allo stomaco, tensione alle spalle, alla nuca, alla schiena, rossori, movimenti iniziati e non portati a termine, instabilità, postura, espressione del viso, ecc.

Anche se si è fatta una buona terapia cognitiva-comportamentale, o terapie di altro tipo , in modalità Top -down (dall’ alto in basso), queste terapie non hanno convinto totalmente il cervello. Questo, dal corpo, sta ricevendo ancora segnali di pericolo. Per questo motivo non si spegne l’ansia.

Una rivoluzione terapeutica nel campo della terapia del disturbo ossessivo compulsivo è l’ affiancamento alle varie forme terapeutiche, dall’ alto in basso) (Top-down), esercizi di terapia sensomotoria che lavorano dal corpo alla mente ( dal basso in alto, Bottom-up).

Questa nuova modalità terapeutica, scoperta dalla dott.ssa Pat Ogden, opera attraverso:

La riduzione dei sintomi e stabilizzazione emotiva ;

Rielaborazione e trattamento della memoria traumatica;

Integrazione nella personalità.

Un aiuto notevole è l’ apprendimento delle tecniche Mindfulness, insieme alla tecnica sensomotoria. Queste hanno l’ effetto considerevole di sottrarre l’ attenzione alle ossessioni, far distrarre e allontanare la mente dai soliti brutti pensieri.

Rubare l’ attenzione alla sintomatologia ossessiva e riportare alla consapevolezza ‘qui e ora’, è un modo vantaggioso per far uscire la persona dalla lotta con le ossessioni.

Queste forme di psicoterapia possono essere molto efficaci nel far ritrovare alla persona ansiosa o al paziente ossessivo un interruttore dell’emotività, che manovrato a dovere consente un ritorno ad una vita migliore.

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Guarire le ossessioni con la terapia cognitiva

 

L'articolo Perchè mi ammalo di ossessioni proviene da Psicologo Dott. Mario Di Nunzio.

Esperienze infantili come origine del disturbo ossessivo

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Esperienze negative infantili come origine del Disturbo Ossessivo

In questo articolo si riportano i risultati delle ricerche sull’ influenza delle esperienze negative nell’ infanzia e adolescenza che portano allo sviluppo del disturbo ossessivo compulsivo.

Alla luce di tali ricerche, sembra che alcune di queste esperienze possono essere trovate nella storia personale della maggior parte dei pazienti con DOC.

I traumi precoci sono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi depressivi e ansiosi in età adulta.
Le esperienze negative dell’infanzia come traumi, trascuratezze, abuso fisico e psicologico sono considerati un rischio comuni a un gran numero di disturbi mentali.

Stili educativi dei genitori improntati a critiche, denigrazione, discrediti, regole di moralizzazione sociale eccessivamente elevate possono dar luogo a specifiche convinzioni disfunzionali, causa di sviluppo del disturbo ossessivo-compulsivo, allorquando, più tardi nella vita, accadono stressors particolari.

Modelli educativi specifici come, ad esempio, continue puntualizzazioni al bambino sulle possibili conseguenze negative delle sue azioni, attribuzione di colpe su tante cose, in maniera sproporzionata, può condurre a carattere insicuro nel bambino e perenne senso di colpa per comportamento irresponsabile.

Credenze riguardanti un esagerato senso di responsabilità e perfezionismo sono in grado di sviluppare la futura personalità ossessiva.

Una famiglia con un clima emotivo caratterizzato da iper-controllo, critiche, alte aspettative e richiesta di prestazioni con elevati standard perfezionistici possono essere causa di disturbo ossessivo compulsivo.

Atteggiamenti e comportamenti perfezionistici dei genitori possono contribuire allo sviluppo di credenze perfezionistiche nei figli, con senso di responsabilità amplificata, rigorosi codici di condotta e sensazione di incapacità di far fronte a situazioni di rischio / pericolo.

In questo articolo si farà un’ analisi delle particolari esperienze precoci che conducono alla vulnerabilità di ammalarsi di disturbo ossessivo-compulsivo.

Un aumento di responsabilità nell’ infanzia con sviluppo di senso di colpevolezza svolge un ruolo importante sia nella origine che al mantenimento del disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC).

Responsabilità e senso di colpa possono essere appresi nell’ infanzia e nell’ adolescenza, attraverso particolari esperienze e modelli educativi che coinvolgono disapprovazione, critiche, elevati standard morali e sociali.

Ne può derivare che i soggetti con caratteristica di elevato senso di colpa sono più suscettibili a sviluppare un DOC.

La letteratura scientifica sui fattori di vulnerabilità dimostra che la responsabilità o il rischio di essere responsabile, si correla con la gravità dei sintomi Ossessivi.

I punteggi dei test e le scale di misura DOC rilevano che le credenze disfunzionali sono più elevati nelle persone con DOC.

Queste credenze giocano un ruolo nella forma sintomatologica dei sintomi ossessivi.
Le credenze DOC correlate sembrano giocare un ruolo anche nei cambiamenti della sintomatologia nel tempo.

Dalle ricerche, quindi, è dato presumere che la gente con caratteristica di alto senso di colpa sono più suscettibili a sviluppare un DOC.

La responsabilità è coinvolta nella fluttuazione della sintomatologia nel tempo.
In particolare quando si verificano specifici eventi di vita, come il matrimonio o l’arrivo di un figlio si è più soggetti allo sviluppo di un DOC, perché si eleva la percezione del livello di responsabilità e senso di insicurezza ad affrontare i nuovi cambiamenti di vita.

Le ricerche hanno confermato che le credenze disfunzionali possono predire lo sviluppo di DOC nella fase del post partum, nel DOC da controllo, lavaggio e altre ossessioni.

Nelle ricerche di Salkovskis e colleghi (Salkovskis et al. 1999) sul ruolo di responsabilità nel DOC, hanno Illustrato cinque percorsi che dalle prime esperienze possono portare allo sviluppo del Disturbo ossessivo-compulsivo:

1) La prima si riferisce a uno “sviluppo esagerato del senso di responsabilità” .
E’ il caso di quelle persone che, durante l’infanzia, hanno dovuto assumere un ruolo inadeguato per la loro età nel contesto familiare.
Molto spesso ciò avviene in caso di inadeguata presenza genitoriale, o genitori troppo assenti, in cui un bambino o una bambina sono costretti a prendersi cura dei fratelli.

Questo tipo di eventi e stile educativo porta allo sviluppo di un elevato senso di responsabilità, che è spesso generalizzata ad altri settori della vita.

In futuro quando non riescono a soddisfare i propri standard di coscienziosità, quando le esigenze aumentano, essi possono provare un senso di fallimento e di colpa.

2) Il secondo percorso, trasmesso dai genitori, si riferisce a codici di dovere e di condotta rigidi ed estremi, in cui i bambini interiorizzano rigorose regole e standard di condotta e di pensiero eccessivi.

Anche se la famiglia è la principale fonte di influenza, altre fonti possono talvolta essere la causa, come ad esempio gli insegnanti e i rappresentanti religiosi.

Una rigida educazione religiosa può essere talvolta associata con credenze morali e religiose ossessive ed estreme.

3) Il terzo percorso si riferisce al fatto che in alcune famiglie le preoccupazioni sono accentuate, poiché i genitori sono timorosi,insicuri e ansiosi e quasi costantemente comunicano l’ idea che il pericolo è ovunque.

Pertanto essi sono troppo protettivi, bloccando al bambino o alla fanciulla la possibilità di fare nuove esperienze e a confrontarsi con situazioni di rischio.

4) Il quarto percorso è lo sviluppo di un senso di colpa nel caso di un incidente, in cui le azioni, o il mancato intervento, ha contribuito in modo significativo ad una grave sventura.
Lo sviluppo dell’accresciuta responsabilità può essere correlata ad un vero incidente accaduto, nel quale iil soggetto ha svolto un ruolo determinante sia nel suo accadimento che come mancato soccorso per se stesso o altri.

5) Il senso di responsabilità può aumentare quando in coincidenza di un pensiero avviene veramente una sciagura (ad esempio un bambino è arrabbiato con il suo maestro e desidera la sua sparizione).
Se succede che l’ insegnante si ammala gravemente o muore, il bambino arriva a pensare che è colpa sua ad aver provocato quella tragedia, a causa di quello che ha pensato e desiderato.

In questi casi, a livello mentale del bambino si verifica un fenomeno chiamato “fusione Pensiero-Azione”.
Questo fenomeno avviene spesso nella mente di chi soffre di DOC, di aver paura di mettere in atto quello che passa nella mente. Ciò è causa di elevati sensi di colpa per via della paura che quello che si pensa può arrivare ad avverarsi.
Questo pensiero disfunzionale può predisporre all’insorgenza del DOC.

In uno studio retrospettivo ( Adams -2012) è emerso che le persone che erano passati attraverso queste esperienze, con danni reali o immaginari, tendevano a considerare se stessi come responsabili (e presumibilmente colpevoli), e quindi avevano più sintomi ossessivi.

Careau et al. (2012) ha analizzato il collegamento tra esperienze infantili e convinzioni ossessive, cercando di evidenziare l’ attinenza e le implicazioni.

Le esperienze che sono state prese in considerazione si riferiscono alle incoerenze nel rinforzo e manifestazioni di incoraggiamento da parte dei genitori, dove una inappropriata risposta segue specifici effetti.

 La difficoltà del bambino a comprendere il giusto comportamento da mettere in atto allo scopo di evitare rimproveri, oppure per ottenere gratificazioni, è causa di sensazione di dubbio e insicurezze.

Secondo gli autori, questo tipo di comportamento genitoriale è all’ origine di sentimenti di insicurezza, ed è correlato a indecisione e alla intolleranza a incertezze e dubbi.

-Il secondo tipo di esperienza è quello di una iper – responsabilizzazione nell’ assicurare la salute e la necessità di assistenza ad altri familiari (fratelli o genitori malati).

La credenza connesso a questo tipo di esperienza è quello della responsabilità.

-Il terzo tipo di esperienza è quella di perfezionismo.

-Il quarto tipo di esperienza è la percezione del pericolo, dove lo stile comunicativo dei genitori crea un atmosfera familiare caratterizzata da senso di pericolo, paure e insicurezze.

Questo tipo di esperienza infantile corrisponde alla sopravvalutazione di una minaccia, come nel caso della presenza di un genitore bevitore, che quando è sotto l’effetto dell’ alcool diventa violento e abusante.

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-L’ultimo punto considerato è la forte convinzione di essere in grado di controllare gli eventi, attraverso speciali gesti, rituali e pensieri. La credenza connesso a questo tipo di esperienza è l’eccessiva importanza del pensiero e il controllo su di esso.

I pazienti DOC tendono a definire lo stile educativo dei loro genitori come autoritari.
Lo stile autoritario è positivamente correlato con i sintomi ossessivi.

I dati mostrano che in una relazione centrata sulla disciplina, i genitori per punire minacciano o spaventano il bambino col rischio di non volerli più bene. Questa modalità educativa, basata sul ricatto, dà l’ impressione che la relazione genitore – bambino non è un fatto scontato, ma dipendente dal comportamento.

In questo modo l’ affetto verso il bambino viene usato come un mezzo per punire e ricattare il bambino.
Lo stesso effetto vale quando un genitore risponde limitando le dimostrazioni di affetto, interrompe la comunicazione con il broncio, oppure non rispondendo alle domande e richieste per lungo tempo e senza spiegazione.

Queste strategie che utilizzano l’interruzione del rapporto con il genitore come mezzo di punizione, portano ad alti livelli di emozioni negative (angoscia, preoccupazioni, insicurezze e disconferme) e crea un terreno fertile per le credenze ossessive.

-Un altro aspetto che sembra caratterizzare i genitori di bambini con DOC è il costrutto di Emotività Espressa (EE), che si riferisce alla capacità e la possibilità di poter esprimere liberamente e senza paura i sentimenti provati.

Le ricerche hanno analizzato come la critica e la disapprovazione impatta e ha influenza sul DOC.
I risultati mostrano che i rimproveri possono svolgere ruoli diversi nella nascita della personalità ossessiva.

Le continue esperienze di critiche e disapprovazione patite in passato, sono un fattore di sviluppo di Disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

Secondo le ricerche, un individuo esposto a continue e sistematiche critiche e rimproveri nell’infanzia, in futuro sperimenterà alti livelli di angoscia e timori. Questi sentimenti possono condizionare le scelte future e disciplinare strategie tese ad evitare questa dolorosa esperienza.

Le credenze ossessive sviluppate in risposta alle critiche sono causa di comportamenti di DOC, e possono fungere da strategie future al fine di prevenire la critica, la disapprovazione e il dissenso.

Un uso frequente e sistematico di biasimo e disprezzo da parte dei genitori e compagni sensibilizza per un elevato senso di colpa.
L‘ esperienza della colpa è generalmente sgradevole, ma per un ossessivo è intollerabile.

Alla luce di tali ricerche, sembra che almeno alcune di queste esperienze, risalente all infanzia e adolescenza, come ad esempio rigorosi standard di regole morali, iper-responsibilizzazione, critiche, genitoriautoritari, stile di emotività poco espressa, carattere chiuso dei genitori, possono essere trovati nella storia personale della maggior parte dei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo.

Ma perché la mente umana si difende con fobie e ossessioni in seguito ad esperienze negative infantili del tipo su riportate? La spiegazione della scelta fobica o ossessiva è rinviata all’ articolo: “Perchè mi ammalo di ossessioni?

Lungo queste linee di scoperte, in sede di trattamento del DOC è vantaggioso progettare protocolli curativi volti non solo rivalutare i significati associati a tali specifiche prime esperienze, alla ri-visitazione e ri-considerazione delle responsabilità e carattere dei genitori, ma anche allo sviluppo di un più generale atteggiamento di compassione e indulgenza verso se stessi (Mancini e Saliani 2013, Petrocchi et al. 2013).

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Perchè mi ammalo di ossessioni

Guarire le ossessioni con la terapia cognitiva

Cosa origina il disturbo ossessivo

Come nasce un DOC – Caso Clinico

Bibliografia
-Salkovskis PM, Shafran R, Rachman S, Freeston Mh (1999). Multiple pathways to inflated responsibility beliefs in obsessional problems: Possible origins and implications for therapy and research. Behaviour Research and Therapy 37, 11, 1055-1072.
-Salkovskis PM, Forrester E (2002). Responsibility. In Frost RO, Steketee G (Eds.), Cognitive approaches to obsessions and compulsions: Theory, assessment and treatment, pp. 45-61) Pergamon, Oxford.
-Adams TG (2012). Multiple Pathways to and from Responsibility Interpretations and the Development of Obsessive Compulsive Symptoms. Journal of Experimental Psychopathology 3, 5, 807-824.
-Careau y, O’Connor KP, Turgeon l, Freeston Mh (2012). Childhood Experiences and Adult Beliefs in ObsessiveCompulsive Disorder: Evaluating a Specific Etiological Model. Journal of Cognitive Psychotherapy 26, 3, 236-256.
-Mancini F, Gangemi A (2004). Fear of guilt from behaving irresponsibly in obsessive–compulsive disorder. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry 35, 2, 109120.
-Mancini F, Gangemi A (2006). The role of responsibility and fear of guilt in hypothesis-testing. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry 37, 4, 333-346.
-Mancini F, Perdighe C, Serrani FM, Gangemi A (2006). Il disagio dei pazienti ossessivi di fronte a espressioni facciali di rabbia e disgusto: risultati di una indagine preliminare. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale 12, 2, 197-201.
-Mancini F, Saliani AM (2013). Senso di colpa deontologico e perdono di sé nel disturbo ossessivo-compulsivo in B Barcaccia, F Mancini (Eds) Teoria e Clinica del Perdono, pp.131-144. Raffaello Cortina Editore, Milano.

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